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Una settimana che ne vale quattro

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–409 giorni alle elezioni statunitensi
–128 giorni all’inizio delle primarie, in Iowa

presidential seal

Dire che questa settimana nella politica statunitense sono successe molte cose sarebbe riduttivo. Sono successe UNA MONTAGNA di cose. Per evitare che questa newsletter diventi lunga come l’elenco telefonico, vado direttamente al dunque.

Di cosa parleremo:
– Scott Walker out
– Trump e Carson si sono sparati sui piedi?
– Poi è arrivato il Papa, e se n’è andato Boehner
– Il tempismo di Hillary Clinton (e un’intervista con Lena Dunham, anche sul pisello di Lenny Kravitz)
– Cosa dicono i sondaggi sui Democratici

Scott Walker out
Il governatore del Wisconsin, Scott Walker, si è ritirato dalle primarie dei Repubblicani. Walker è stato per un bel pezzo in testa ai sondaggi ma chi è iscritto da un po’ a questa newsletter sa che già al momento della sua candidaturapensavo potesse fare la fine di Rick Perry nel 2012 – morto ancora prima di cominciare – e che in queste settimaneaveva dimostrato, in sintesi, di non avere il fisico. Walker ha mollato quando ha capito che i finanziatori lo avrebbero scaricato, dopo il deprimente (per lui) secondo dibattito televisivo e dopo alcuni sondaggi nazionali in cui era finito sotto l’uno per cento. Pronostico: tra quattro o otto anni ci riproverà.

Chi guadagna dalla sua uscita? Più di qualcuno, potenzialmente. Walker era sostenuto e finanziato da pezzi dell’establishment a cui non piace Bush. Alcuni ora potrebbero rassegnarsi a Bush, ma secondo me è più facile che convergano su altri candidati: John Kasich, che adesso è l’unico governatore del Midwest ancora in corsa, e Marco Rubio, l’unico che sta tentando – come Walker – di farsi piacere sia dalla base del partito che dai piani alti. Occhio però anche a Jindal, che è scarso ma almeno in Iowa potrebbe fare un rimbalzino. Chi vuole approfondire può leggere questo articolo del Wall Street Journal.

Trump e Carson si sono sparati sui piedi?
Benvenuti all’ormai ricorrente rubrica “cosa hanno detto i matti questa settimana”. Durante un evento di campagna elettorale un signore ha detto a Donald Trump che il problema dell’America sono i musulmani e che Obama è un musulmano. Ora, detto che Obama sarebbe proprio un pessimo musulmano – beve alcolici, va in chiesa, è favorevole all’aborto e al matrimonio gay, etc – di solito i candidati approfittano di queste domande per fare gli statisti. Questo per esempio è il modo in cui nel 2008 John McCain reagì a una simile domanda su Obama.

Questo invece è il modo in cui ha reagito The Donald:

Una risposta del genere fa appello solo alla frangia più estremista del Partito Repubblicano e fa danni su tutto il resto dell’elettorato: più volte in questi mesi abbiamo detto che cose così sono semplicemente Trump-being-Trump, ma stavolta le polemiche successive non sembrano averlo aiutato, e sui giornali si è continuato a discutere della storia per parecchio (anche perché ci è saltato sopra Carson, dando ragione a Trump).

Nel frattempo Rubio e Bush stanno andando all’attacco contro Trump come non mai, e i sondaggi dicono che sia Trump che Carson sono in declino. Chi sale? Proprio Rubio e Bush, ma anche Fiorina.

sondaggi

Bonus
Sembra che dopo ogni dibattito tv tra candidati un sacco di gente vada su Google a cercare quanto sono alti. Se è una curiosità che condividete, qui trovate la risposta.

Poi è arrivato il Papa, e se n’è andato Boehner
Non so se ve ne siete accorti, perché i giornali e le tv hanno trattato l’argomento con grande moderazione e pacatezza, ma questa settimana è arrivato il Papa in visita ufficiale negli Stati Uniti. Ha fatto un po’ di prevedibili cose da Papa – “ha viaggiato su un’utilitaria!”, “ha dato buca ai politici per cenare coi senzatetto!”, etc – e poi è andato alla Casa Bianca e al Congresso.

Questa visita è sempre stata politicamente complicata da gestire, soprattutto per i Repubblicani: un pezzo del partito considera Bergoglio una specie di estremista di sinistra e contesta apertamente il suo punto di vista sull’ambiente e il riscaldamento globale. Tenete a mente, qui, che tra i candidati alle primarie sono cattolici Bush, Rubio, Christie, Kasich e Jindal. Allo stesso modo, però i Repubblicani si aspettavano da Bergoglio una mano sulla cosiddetta “difesa della vita” e la lotta all’aborto. Sono arrivate entrambe le cose ma il discorso del Papa al Congresso non ha avuto un grande impatto politico, forse anche a causa dell’inglese particolarmente incerto con cui è stato pronunciato (i parlamentari in più di un passaggio hanno fatto fatica a capire cosa diceva, ha scritto il New York Times).

Il giorno dopo il discorso del Papa, a sorpresa, John Boehner ha annunciato le sue imminenti dimissioni da speaker della Camera. Ne ho scritto sul Post, se volete approfondire: è una notizia molto grossa per la politica americana ma la storia non ha molto a che fare con la campagna elettorale delle presidenziali. Mostra comunque quanto negli ultimi anni il Partito Repubblicano si sia spostato a destra.

Bonus
Boehner, che è cattolico, è noto tra le altre cose per avere la lacrima facile: lo ha dimostrato anche durante la visita del Papa.

Il tempismo di Hillary Clinton
Pochi istanti prima che l’aereo del Papa atterrasse negli Stati Uniti, quindi mentre l’attenzione di tutti i giornalisti politici del paese era rivolta altrove, Hillary Clinton ha annunciato di essere contraria alla costruzione dell’oleodotto Keystone XL, un contestatissimo progetto per trasportare fino alle raffinerie statunitensi del Nebraska il petrolio estratto nell’Alberta, in Canada.

I Repubblicani e i Democratici centristi sono favorevoli al progetto, mentre i Democratici più di sinistra e la base del partito sono molto contrari: Clinton fin qui era stata ambigua sul tema ma ora ha preso posizione. Lo ha fatto in un momento in cui tutti guardavano da un’altra parte – al Papa, appunto – perché non ha bisogno di pubblicizzare troppo la cosa, anzi: questa dichiarazione le serve soprattutto per coprirsi a sinistra nei mesi delle primarie. Sempre che funzioni.

Bonus
Questa settimana Hillary Clinton è stata intervistata da Lena Dunham, la formidabile attrice, sceneggiatrice e regista nota soprattutto per la serie tv Girls. L’intervista sarà diffusa il 29 settembre ma qualche estratto è già online: qui si parla del pisello di Lenny Kravitz, qui invece c’è una bella e chiara risposta sul femminismo.

Cosa dicono i sondaggi sui Democratici
La settimana scorsa abbiamo visto quelli sui Repubblicani, molto confusi e movimentati; questi invece sono più chiari. Tenete a mente che fanno riferimento agli ultimi 15 o 30 giorni di campagna, quindi riflettono in buona parte dati estivi che valgono poco: sono semplicemente il punto di partenza.

Le preferenze nazionali:

naz

Iowa:

iowa

New Hampshire:

nh

Cosa ne concludiamo: che Hillary Clinton in Iowa e in New Hampshire è in difficoltà e rischia di perdere contro Bernie Sanders, che però è ancora quasi 30 punti indietro nello stato successivo in cui si vota, il South Carolina; che la minaccia più grossa è comunque una candidatura di Joe Biden, che non è ancora nemmeno ufficiale e già ottiene un bel po’ di preferenze nei sondaggi, quasi come Sanders sul piano nazionale; che quindi, allo stesso modo, una mancata candidatura di Biden potrebbe restituire parte di quei consensi a Clinton e rafforzarla.

Avremo modo di parlarne ancora, ma è piuttosto incredibile come in questo momento Hillary Clinton sia la più forte candidata a un’elezione primaria da parecchio tempo a questa parte (per consensi, esperienza, soldi e organizzazione) e allo stesso tempo sembri così vulnerabile. Lo stato dell’arte a due mesi da qui ci dirà se è una circostanza passeggera o no.

Cose da leggere
The emergency meeting that led Walker to quit, di Shane Goldmacher e Alex Isenstadt su Politico
Why Republicans are starting to panic, in 1 paragraph, di Chris Cillizza sul Washington Post
Why I Still Think Fiorina Was a Terrible CEO, di Jeffrey Sonnenfeld su Politico

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