Cose da 4 luglio
–493 giorni alle elezioni presidenziali statunitensi
–212 giorni all’inizio delle primarie, in Iowa
C’è un nuovo candidato Repubblicano, presto ce ne saranno altri due. Manca un mese al loro primo confronto televisivo. Ci sono i primi dati ufficiali sulla raccolta fondi dei candidati Democratici. E poi oggi è il quattro luglio: il giorno in cui nel 1776 il Congresso firmò la dichiarazione di indipendenza e in cui esattamente cinquant’anni dopo morirono, a poche ore di distanza, sia Thomas Jefferson che John Adams, padri fondatori degli Stati Uniti, secondo e terzo presidente americano della storia.
Di cosa parleremo:
– chi sta raccogliendo più soldi
– circola qualche voce su Joe Biden
– bisogna prendere sul serio Chris Christie?
– perché tenere d’occhio la Florida
– non è finita finché non è finita
Chi sta raccogliendo più soldi
La legge statunitense impone ai candidati di diffondere ogni tre mesi i dati sulle loro raccolte fondi: la prossima scadenza è il 15 luglio. Alcuni hanno già fatto sapere quanto hanno raccolto e quella cifra è un buon modo per valutare lo stato di salute delle loro campagne elettorali: raccogliere più soldi vuol dire potersi permettere più uffici in giro per gli Stati Uniti, più materiali da diffondere, più spot televisivi, più sondaggi da commissionare, più viaggi da rimborsare a funzionari e attivisti. Ma i numeri vanno letti in modo un po’ trasversale, per essere capiti: per esempio, dato che Hillary Clinton non vuole passare per la vincitrice annunciata come nel 2008, annunciare una cifrona potrebbe metterla in imbarazzo; mentre i suoi sfidanti che vogliono essere presi sul serio devono sperare di annunciare proprio una cifrona.
Per il momento abbiamo solo i numeri dei Democratici. Hillary Clinton ha detto di aver raccolto più di 45 milioni di dollari: non è un record ma è parecchio, a questo punto della campagna. Per cercare di non farla passare come quella con gli amici milionari, il suo comitato ha aggiunto che il 91 per cento delle donazioni ricevute ammontava a meno di 100 dollari. Il suo principale sfidante, il senatore Bernie Sanders, ha annunciato di aver raccolto da quando si è candidato ufficialmente circa 15 milioni di dollari, con un 99 per cento di donazioni inferiori a 250 dollari. È un buon numero anche per lui, che settimana dopo settimana sta diventando l’unico vero rivale di Clinton tra i Democratici. Tutto sommato l’emersione di Sanders fa piacere anche a Clinton, che non vuole attraversare le primarie come fossero una cosa a metà tra una cavalcata trionfale e un plebiscito.
Bonus
Stanno circolando voci più insistenti che in passato su una possibile candidatura di Joe Biden. Io continuo a essere molto scettico, ma riferisco. Questo intanto è Lindsey Graham, un senatore Repubblicano moderato e candidato minore a queste primarie, che parla di Biden: se capite l’inglese, prendetevi un minuto per sentire come ne parla.
Bisogna prendere sul serio Chris Christie?
Si è candidato con quattro anni di ritardo Chris Christie, ne parlavamo la settimana scorsa: governatore del New Jersey al secondo mandato, padre di origini irlandesi e madre di origini siciliane, modi da bullo e posizioni moderate. Nel 2012 l’establishment Repubblicano lo implorò di sfidare Obama e lui rifiutò aspettando un momento migliore, ma in quattro anni si è infilato in una serie inenarrabile di disastri e oggi è molto impopolare. Il suo discorso di candidatura ha ricordato a molti una delle ragioni per cui Christie veniva considerato molto temibile: è un oratore abilissimo. Lui ha deciso di puntare proprio su questo aspetto della sua personalità: il suo slogan è “Telling it like it is”, “Dire le cose come stanno”, e ha pronunciato il discorso di candidatura a braccio, senza un gobbo elettronico. Questo è un suo spot che circola online in questi giorni, per capire di cosa parliamo.
In sintesi: rimane molto improbabile che Christie vinca la nomination, viste le zavorre che si porta dietro. Ma dovesse arrivare ai dibattiti televisivi sarà molto interessante seguirlo, così come sarà interessante osservare uno che qualche anno fa immaginava di vincere senza problemi giocare la partita di chi non ha niente da perdere. I sondaggi per ora sono terribili ma, come per tutti gli altri, riparliamone dopo l’estate.
Bonus
Stanno arrivando altri due candidati repubblicani. Uno è John Kasich, governatore dell’Ohio, che secondo molti va tenuto in considerazione proprio perché governatore dell’Ohio, uno degli stati decisivi alle elezioni di novembre (tuttavia è molto più credibile immaginarlo candidato alla vicepresidenza, per il momento). L’altro è Scott Walker, governatore del Wisconsin, e lui sì che oggi sembra uno dei favoriti veri. Kasich si candiderà il 21 luglio, Walker il 13. Con loro due i candidati Repubblicani diventano 16.
Chi vince in Florida?
C’è una storia piccola ma importante e appassionante dentro le primarie Repubblicane, ed è: chi vincerà in Florida? La Florida alle presidenziali è storicamente uno stato in bilico, uno di quelli decisivi, che Obama ha vinto di poco sia nel 2008 che nel 2012. I Repubblicani devono cercare di portarlo a casa se vogliono vincere nel 2016 e cosa c’è di meglio per questo di un candidato della Florida? Solo che stavolta ce ne sono due: Jeb Bush e Marco Rubio. Un tempo il secondo era considerato il “delfino” del primo. Mentre di solito alle primarie i candidati forti non fanno troppa fatica a vincere nel loro stato di casa, Bush e Rubio proprio in casa propria dovranno affrontare una partita piuttosto impegnativa. Per il momento i sondaggi li danno praticamente pari. Nei prossimi mesi guardare i sondaggi sui Repubblicani in Florida sarà un buon modo anche per osservare generalmente l’aria che tira, secondo me.
Bonus
Rick Harrison di Affari di famiglia – un programma tv americano che in Italia va in onda su Cielo – sta con Marco Rubio.
Non è finita finché non è finita
Otto anni fa, di questi tempi, Rudy Giuliani volava nei sondaggi ed era considerato il candidato strafavorito alle primarie dei Repubblicani; dietro di lui c’era Fred Thompson. Alle primarie, poi, nessuno dei due vinse un singolo stato. Sempre di questi tempi, otto anni fa, John McCain era indietrissimo nei sondaggi ed era considerato invotabile per via del suo forte sostegno alla guerra in Iraq: nel momento peggiore dei suoi guai licenziò 70 persone su 120 del suo staff, tra cui il responsabile della campagna elettorale, il capo stratega e il direttore politico. Finì per vincere le primarie in Iowa e ottenere poi la candidatura. Cosa successe otto anni fa a Hillary Clinton non serve nemmeno raccontarlo. Consideratelo un promemoria.
Cose da leggere:
– Hillary’s shadow, di Annie Karni su Politico
– Bernie Sanders’s Revolutionary Roots Were Nurtured in ’60s Vermont, di Sarah Lyall sul New York Times
– Il testo del discorso di candidatura di Chris Christie
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