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Perché aumentano contemporaneamente sia gli occupati che i disoccupati?

Una nota a margine del post precedente, su un tema su cui è facile fare confusione. Come ogni mese, l’ISTAT ha diffuso oggi i dati sulla disoccupazione in Italia. I dati dicono che a settembre il numero degli occupati – le persone che lavorano, per capirci – è salito dello 0,4 per cento rispetto al mese precedente: lo 0,4 per cento, mese su mese, è un dato mica male rispetto a quelli a cui siamo abituati. Rispetto al mese scorso è salito anche il tasso di occupazione (55,9 per cento, +0,2 per cento). Però sale anche il tasso di disoccupazione, dell’1,5 per cento rispetto al mese scorso e dell’1,8 per cento su base annua. Quindi oggi il tasso di disoccupazione è al 12,6 per cento, lo 0,1 più alto rispetto al mese scorso. Com’è possibile, se più persone hanno un lavoro rispetto al mese scorso?

È una cosa banale ma sfugge spesso, anche per come a volte vengono presentati questi dati dovendo sintetizzarli: è possibile perché il tasso di disoccupazione non misura la variazione del numero di persone che non lavora. In economia si considerano disoccupate solo le persone che non hanno lavoro e lo stanno cercando. La seconda parte della frase è fondamentale. Il tasso di disoccupazione non sale se ci sono più persone senza lavoro, ma se ci sono più persone senza lavoro che cercano lavoro. Per questo motivo i due tassi possono aumentare contemporaneamente, e anzi è piuttosto ricorrente che questo accada nelle prime fasi di una ripresa economica: se più persone trovano lavoro, e quindi trovare lavoro diventa un po’ più semplice, più persone che non lavorano cominceranno a cercare lavoro. Usciranno dal gruppo dei cosiddetti “inattivi” (quelli che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro) per entrare in quello dei “disoccupati” (quelli che non studiano, non lavorano e cercano lavoro).

Per questo è sbagliato scrivere – come fa qualcuno anche oggi – che “un giovane su due è senza lavoro” in ragione del tasso di disoccupazione giovanile al 42,9 per cento. Quel 42,9 per cento fa riferimento ai giovani che non studiano, non lavorano e cercano lavoro: se volessimo parlare dei giovani tutti tutti, dovremmo dire allora che l’11,7 è senza lavoro. È un dato grave – soprattutto è grave il dato sugli inattivi – ma non è “un giovane su due”. Quindi sì, oggi potete essere contenti del fatto che il tasso di disoccupazione cresca.