Potevamo immolarci per qualcosa di meglio
Un pensiero a margine della discussione sul finanziamento pubblico ai partiti. Se c’è una cosa apprezzabile in chi nel Partito Democratico lo difende, è il fatto che si tratti di una difesa perentoria e sincera di una delle posizioni in assoluto più impopolari della politica italiana. E questo è apprezzabile, sul serio. Un grande partito dovrebbe avere il coraggio di assumere anche posizioni molto impopolari, se pensa siano giuste. Guidare l’opinione pubblica invece di inseguirla, alzare il livello del dibattito invece che adeguarsi a esso, creare consenso. È chiaro che un grande partito non può scegliersi solo cause impopolari, è un gioco di gradualità, toni ed equilibri, ma è sempre interessante vedere quali cause impopolari un partito sceglie di sostenere: mostra qualcosa della sua identità profonda, diciamo. Pensate a quello che accade con i partiti di Berlusconi e le politiche sulla giustizia, per esempio. O con quelli post-democristiani e il testamento biologico. E qui si arriva alla cosa deprimente. Quando si parla di carceri, di amnistia e di indulto, per fare un esempio, c’è sempre qualcuno nel PD che ricorda che questi argomenti non portano voti, anzi, e che proporre indulti o amnistie o politiche carcerarie scandinave è troppo impopolare: non se ne parla. Quando si parla di matrimoni e adozioni per le coppie gay, per fare un altro esempio, c’è sempre qualcuno nel PD che invita a fare una cosa alla volta, a ricordarsi che il paese non è pronto: non vorrai mica sfidare l’opinione pubblica e fare la fine dei Radicali. Quando si parla del finanziamento pubblico ai partiti, invece, una cosa su cui piaccia o no il paese ha le idee molto chiare, il partito compatto si prepara a immolarsi petto in fuori in nome delle sue idee.