Cambiare idee aiuta ad averne di migliori
Una decina di giorni fa stavo leggendo cose davanti al computer mentre con un orecchio ascoltavo Matteo Renzi a Otto e mezzo. A un certo punto ho carpito un paio di frasi che mi hanno fatto alzare lo sguardo, perché facevano riferimento a un concetto a me caro con delle espressioni e un esempio che avevo usato in un articolo. Solo che quell’articolo non era ancora uscito e quindi la consonanza mi ha favorevolmente colpito. Questo è il passaggio di Renzi:
«Noi non dobbiamo pensare che chi ha votato di là sia un nemico. In un mondo normale succede che lei la volta prima vota centrodestra, poi è delusa e vota centrosinistra, o viceversa, e io non do un giudizio etico e moralista, moraleggiante, su chi cambia idea. Invece è accaduto tante volte che noi abbiamo detto: i voti di quelli non li vogliamo. Siam matti? Noi abbiamo un paese in cui si ironizza sui cittadini che cambiano idea, però in Parlamento mandiamo gente, lei pensi a Scilipoti e Razzi, che sono quelli che hanno cambiato idea sulla base di un mutuo. […] Intendiamoci: chiediamo ai parlamentari di essere coerenti, e invitiamo i cittadini a cambiare opinione, se possono, con serietà.»
Il mio articolo è uscito venerdì scorso su IL, il mensile del Sole 24 Ore, e si può leggere online qui. Un pezzetto:
A giudicare dalle analisi dei flussi elettorali, non sono molte le persone che da un’elezione all’altra cambiano idea da uno schieramento all’altro. Gli elettori indecisi di cui sopra probabilmente sono indecisi fino a un certo punto: non è che non sanno chi votare, non sanno se votare. Se voteranno, voteranno per chi hanno già scelto in passato. Per questo motivo alle elezioni chi viene corteggiato di più da candidati e partiti non sono gli elettori delusi dell’altra parte ma gli elettori delusi della propria parte. C’è una grande differenza. Per un personaggio politico italiano, investire sul voto in movimento da uno schieramento all’altro è improduttivo, autolesionista: il segmento di popolazione è troppo piccolo e il suo corteggiamento presta il fianco a sospetti e diffidenze, se non apertamente ad accuse di tradimento. […]
Al contrario di quel che accade in molti altri Paesi europei, quindi, la lotta per ottenere il consenso della maggioranza degli elettori non avviene al centro dello schieramento politico bensì sulle sue porzioni marginali, estreme. Questo perché manca un blocco elettorale fondamentale allo sviluppo di un sano sistema dell’alternanza: quello degli elettori contendibili, autenticamente indecisi, che non votano per appartenenza o per tradizione, che sono disposti a cambiare idea. Quando scegliere chi votare diventa come scegliere chi tifare – alle brutte non si rinnova l’abbonamento e si parla male dell’allenatore – il sistema politico perde un significativo e naturale incentivo al suo rinnovamento.
La conquista di nuovi elettori, che dovrebbe essere ineludibile, diventa trascurabile: tenersi stretti i propri conta più che cercarne altri. Ne risultano coalizioni sterminate e litigiose, tatticismi esasperati, cartelli elettorali estemporanei, programmi vaghi, governi instabili. Per avere una politica migliore, insomma, non basterebbe avere un po’ meno politici disposti a cambiare casacca; dovremmo avere anche un po’ più elettori disposti a cambiare idea.