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Il Casini nella stanza

Oggi Bersani, Vendola e Nencini hanno presentato la “carta d’intenti del centrosinistra”, documento fondativo della coalizione – PD, SEL e PSI – che descrive con una certa solennità le intenzioni e gli impegni di questi partiti per i prossimi anni. A un certo punto, tra molte belle e vaghe parole, fa capolino una frase che è un po’ una notizia (grassetti miei, qui l’originale in pdf):

Qui vive la ragione più profonda che ci spinge a cercare un terreno di collaborazione con le forze del centro liberale. Per questo i democratici e i progressisti s’impegnano a promuovere un accordo di legislatura con queste forze, sulla base della loro ispirazione costituzionale ed europeista e di una responsabilità comune di fronte al passaggio storico, unico ed eccezionale, che l’Italia e l’Europa dovranno affrontare nei prossimi anni.

Bersani e Vendola si impegnano, insomma, ad allearsi con l’UdC – e Fini, immagino – dopo le elezioni. A questo punto possiamo dire che è ufficiale, nero su bianco. Ci sono molte riflessioni che si possono fare a partire da questa frase.

La prima cosa che viene da chiedersi è: quindi Vendola ha deciso che ci si può alleare con Casini? Il capo di SEL ha avuto posizioni piuttosto ondivaghe sul tema, alternando timide aperture a frasi tipo questa: «È difficile che in una coalizione che voglia liberare l’Italia da certi tabù io possa incrociare l’onorevole Pierferdinando Casini, che ha fatto dell’impedimento al cambiamento la sua storia politico-culturale». Ora allearsi con Casini e Marcegaglia e Buttiglione (e Fini?) a Vendola va bene, e di certo non ascolteremo più frasi come quella sopra. La seconda cosa che viene da chiedersi è: Casini è stato informato? Lo dico perché il capo dell’UdC ha sempre avuto le idee piuttosto chiare rispetto a un’ipotetica alleanza con Vendola: idee tipo «inorridisco».

Una possibilità è che Casini sia informato, e che il piano sia che lui organizzi il centro (“agenda Monti!”), Bersani organizzi la sinistra (“contro il liberismo!”), e dopo le elezioni si governi insieme. È un’opzione politica legittima, anche se piuttosto ardita, nonché evidentemente fondata sul fatto che ogni attore faccia il contrario di quanto ha detto in campagna elettorale: le alleanze sarebbero molto larghe, Casini e Vendola starebbero insieme senza inorridire, il programma di governo sarebbe un altro, forse anche il presidente del Consiglio non sarebbe quello che ha vinto le primarie del centrosinistra, diciamo.

Un’altra possibilità è che Casini non sia stato informato, che lui e Vendola siano effettivamente alternativi – o l’uno o l’altro – e quindi dopo il voto il PD dovrà decidere se smontare l’alleanza con Vendola, votata dagli elettori, per allearsi col centro, oppure restare con Vendola mancando fede alla promessa fatta solennemente oggi (e forse ritrovandosi minoranza in Parlamento).

Ci sarebbe una terza possibilità, in effetti: quella per cui la “carta d’intenti” firmata oggi solennemente sia aria fritta. È una possibilità che purtroppo ha qualche credibilità, visto che Vendola poco dopo averla presentata ha detto, smentendola:

«Quanto scritto nella carta di intenti oggi è alternativo ai pensieri conservatori di Casini»

e

«Casini si deve rassegnare, l’Italia che vogliamo non è il Paese dei gattopardi»

Quarta possibilità: la carta parla di un “centro liberale” che non è Casini. Un altro centro liberale in questo momento non c’è, domani forse. Vendola e Bersani vogliono allearsi con Italia Futura e Fermare il declino, con Luca di Montezemolo e Oscar Giannino? I pasdaran del liberismo con i pasdaran dell’anti-liberismo? Non mi sembra credibile.

Questo caos è molto scoraggiante e mi ricorda molto quanto avvenne nel 2005, con i vertici infiniti dell’Unione, i documenti smentiti pochi minuti dopo la loro pubblicazione e i programmi lunghi 286 pagine pur di tenere dentro tutti. Di certo quanto sopra apre ufficialmente un altro fronte di discussione tra Bersani, al quale appartiene certamente la paternità dell’idea di allearsi col centro citata nella carta, e Renzi. Da una parte c’è chi, prima del voto, vuole attrarre a sé i voti degli elettori cosiddetti moderati, indebolendo i partiti che oggi li rappresentano e allargando il centrosinistra, e dall’altra parte c’è chi, dopo il voto, vuole trattare e allearsi con i partiti che rappresentano gli elettori cosiddetti moderati, rafforzandoli e dando loro centralità e potere contrattuale.