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Il pappappero che incombe

Emanuele Menietti, mio collega al Post, dice spesso che “se va avanti così le primarie del centrosinistra le facciamo con gli osservatori dell’ONU ai seggi”. Io di solito gli rispondo che se poi alla fine vince Renzi arriveranno anche i caschi blu. Battute a parte, Emanuele ha ragione. Credo che il fenomeno abbia principalmente due cause. La prima è che, in un campo politico tradizionalmente e proverbialmente piuttosto litigioso, questa è la prima competizione politica dal risultato veramente incerto e in bilico. La seconda è che le fazioni delle due candidature più forti abbracciano da tempo toni piuttosto radicali, da una parte con la rottamazione e dall’altra con l’accusa esplicita di essere poco meno che un infiltrato del PdL.

La mia impressione è che soprattutto gli animi di un pezzo delle persone che sostengono Bersani siano da tempo caldi oltre il livello di guardia, diciamo. E che questo dipenda principalmente dal cattivo esempio e spettacolo che stanno dando persone con incarichi importanti e grandi responsabilità. L’accusa di essere “di destra” e “berlusconiano” per il semplice fatto di non essere post-marxista e avere posizioni di sinistra liberale, già di per sé fuori dalla realtà, è stata persino superata da cose tipo Rosy Bindi, presidente del PD, che dal tavolo della presidenza dell’assemblea invita a votare Bersani. O da Stefano Fassina che dopo aver ripetuto per mesi che Renzi è un corpo alieno al PD lo accusa di plagio perché ha trovato due proposte di Renzi identiche a quelle del PD (buongiorno!). Ognuno tira qualsiasi cosa trovi a portata di mano.

Ricapitolando, quindi: una sfida vera, che mette molto in gioco, in un’area politica tradizionalmente litigiosa; i toni radicali delle candidature; alcuni personaggi molto in vista, soprattutto di una delle due parti, pronti a fare grandi capriole o dirle piuttosto grosse per sostenere il loro candidato. Sommate tutto questo al delirio che sono normalmente i social network e i commenti su siti e blog e otterrete quello di cui parla Emanuele Menietti, lo scenario da osservatori dell’ONU e caschi blu. Finisce che si discute per ore di cose microscopiche, anzi, che non si discute per ore, persino su cose microscopiche, e si va in giro in modalità campagna elettorale perennemente attivata. Si critica la demonizzazione dell’avversario mentre gli si dà del fascista. Si assiste al farsi strada della figura professionale dell’esegeta di Fassina, meglio se acrobata. Si va avanti a domande retoriche e palloni in tribuna. Si difendono a spada tratta le regole per le primarie fatte filtrare la settimana scorsa dalla segreteria PD, criticando e sfottendo chi sostiene che alcune di queste siano sfacciatamente pretestuose, e pazienza se poi lo stesso Bersani decida di non volere quelle norme (quel renziano di Bersani, hai capito). E soprattutto, nel paese dei complotti, dell’ascoltauncretino e delle leggende metropolitane, si mettono in giro voci da manicomio: tipo quella su Renzi finanziato “da Israele e dalla destra americana”, riportata ieri dal Corriere della Sera.

Finisce quindi che una persona seria e di buon senso come Massimo Mantellini scriva un post chiedendo a Renzi – candidamente e in buona fede, va da sé, benché la fondatezza dell’illazione sia al limite della diffamazione – se è vero, come gli hanno detto certi amici suoi, che la sua campagna costa milioni di euro e che gliela sta pagando Comunione e Liberazione. Renzi risponde in fretta e dice, nell’ordine:

– che non ha preso un soldo da CL;
– che comunque CL non gli piace;
– che per la cronaca il candidato più vicino a CL fra quelli in campo è notoriamente Bersani;
– che comunque CL non contribuisce mai a nessuna campagna;
– che la Compagnia delle Opere gli fa la guerra;
– che “tutti i denari che riceviamo” vengono dichiarati online (e che è stato interpellato il garante della privacy per capire “se occorre il consenso dell’interessato per rendere pubblici i nomi dei nostri finanziatori”, così da diffondere anche i nomi di quelli che per ora hanno chiesto di mantenere l’anonimato).

Renzi scrive il tutto prendendosene evidentemente la responsabilità politica, forte di aver fatto fin qui più di qualsiasi altro candidato, sfidando chi non pensa sia vero a smentirlo e giocandosi quindi così un bel pezzo del suo futuro politico. Gli stessi che sostengono il candidato delle cui finanze si conosce zero, niente di niente, quello che a volte non si capisce dove finisca il segretario del PD e dove cominci il candidato, dicono che Renzi dice bugie, senza portare uno straccio di elemento, oppure che non ha risposto, oppure tutte le due cose insieme. Oppure pappappero, che mi pare il livello di dibattito verso il quale ci stiamo pericolosamente avviando.