Manovre
Criticare questa manovra è facilissimo, così come è facilissimo fare l’opposizione al governo Monti (l’Italia dei Valori, per dire, non ha resistito nella maggioranza nemmeno due settimane, come era prevedibile). È facilissimo – oltre che di nessuna utilità, salvo forse quella personale – stilare elenchi di cose incomplete o che ci piacciono così così o che mancano del tutto, ed è facilissimo – oltre che di nessuna utilità, salvo forse quella personale – cercare gradimento in questo modo, solleticando comprensibili insoddisfazioni e malesseri. Mi permetto di suggerire che giudicare la manovra Monti confrontandola con la propria manovra dei sogni non è proprio l’approccio ideale. Questa non è evidentemente la manovra dei sogni di nessuno, nemmeno quella dei sogni di Monti: e pure se lo fosse, sarebbe diversa da quella dei sogni di Lucia, da quelli di Fabio e dai tuoi. Piuttosto che sciorinare meravigliose liste della spesa, quindi, suggerirei di giudicare questa manovra con scrupolo ma partendo da due dati di fatto o, per essere più chiari, dalla realtà. Primo: questo paese è stato ed è tutt’ora pericolosamente vicino alla bancarotta. I sacrifici e le rinunce ci toccano in ogni caso, manovra o non manovra. La differenza sta nel fatto che questi possono essere frutto della semplice colpevole incuria della politica, come accade da vent’anni a questa parte a questo paese abbandonato a se stesso, oppure di un disegno studiato e opportunamente bilanciato in vista di un potenziale rilancio. Secondo: il Parlamento che dovrà votare questa manovra è lo stesso di un mese fa, di sei mesi fa e di due anni fa. Ora leggete la manovra Monti e giudicatela.