La sfera Genkidama
Ieri, quando ho letto che George Papandreou aveva intenzione di sottoporre a referendum le misure di austerità necessarie alla Grecia per accedere al nuovo pacchetto di aiuti internazionali, ho pensato come molti che era una cosa da pazzi. Era tra l’altro quello che dicevano, con qualche (poca) diplomazia in più e mentre le borse precipitavano, i capi di Stato e di governo di mezzo mondo. Poi ho cambiato idea.
La crisi, in Grecia, non si deve ai famigerati strozzini della finanza internazionale. Si deve a un’economia ingolfata e soprattutto a un sistema di spesa pubblica malato, condotto per decenni fuori da ogni logica. Per fare un esempio che non tutti sanno: soltanto tra il 2010 e il 2011, mentre il Paese era già in piena emergenza, il gigantesco settore pubblico ha fatto 25.000 nuove assunzioni. L’imperfetto governo di Papandreou sta cercando di percorrere l’unica strada possibile per evitare la bancarotta, che è quella dolorosa e impopolare indicata da BCE, UE e FMI, ottenendo in cambio una grande quantità di denaro, senza la quale la Grecia sarebbe già affondata (trascinando con sé l’Italia, l’euro, l’Europa, eccetera). La destra che si oppone a Papandreou, in Grecia, è quanto di più lontano possiate immaginare dall’opposizione responsabile che fa il suo dovere in un momento di crisi: ostruzionista, opportunista e senza scrupoli. La stessa insofferenza è presente a sinistra del PASOK. I sindacati proclamano scioperi generali ormai con frequenza quindicinale, e non c’è sciopero che non si concluda con scontri e violenze. In Parlamento il governo Papandreou può contare su pochi voti di maggioranza, che diventano sempre di meno: oggi sono due. In tutto questo, venerdì Papandreou deve affrontare un nuovo ennesimo voto di fiducia.
Il referendum è innanzitutto una mossa sensata dal punto di vista politico. Il governo Papandreou potrebbe cadere da un momento all’altro, con l’aria che tira, e il confronto con il consenso della popolazione in una democrazia non si può rimandare all’infinito: tanto vale cercarlo, nella speranza di ottenere una nuova e più forte legittimazione, invece che vivacchiare altri due mesi per poi cadere comunque. La Grecia oggi non ha nemmeno una legge per i referendum, per quanto qualche mese fa è cominciato l’iter legislativo per introdurre questo istituto. Salvo sorprese, la consultazione si terrà nei prossimi mesi. Le possibilità che Papandreou vinca il referendum sono molto poche.
Oggi in tanti accusano Papandreou di non volersi assumere le sue responsabilità di primo ministro, né quelle delle misure di austerità né quelle dell’eventuale default, scaricandole sul popolo attraverso il referendum. Io penso che abbia fatto bene, per la stessa ragione. Sono tutt’altro che un fan della democrazia diretta. Non penso affatto che “il popolo ha sempre ragione”, anzi: su cose complicate e dolorose come queste il popolo ha spesso torto. Ma in una circostanza così grave trovo seria e perfino solenne la scelta di Papandreou di condividere questa decisione con i suoi elettori. Non pensate che il problema sia io o il mio governo, dice Papandreou. L’unico modo per uscirne è con il consenso della maggioranza di voi, dice Papandreou, e nessuno si senta escluso. Prendetevi le vostre responsabilità, dice Papandreou, decidete. Avrete quello che volete, con tutte le sue conseguenze. E state attenti a cosa volete.