I “black bloc” non esistono
Una cosa a freddo su quanto accaduto sabato a Roma. Moltissimi hanno commentato le violenze rimestando nel vecchio repertorio dei complotti, degli infiltrati e degli agenti provocatori. C’è gente che ha addirittura ricominciato a far circolare la foto farlocca che già girava dopo gli scontri del 14 dicembre, o che ha preso un giornalista del Tempo per uno 007 al lavoro. Fin qui tutto secondo programma. Ma vedo, sento e leggo un preoccupante meccanismo di rimozione di quanto accaduto che va oltre i complottisti di professione. È molto comodo pensare ai violenti di Roma come a delle strane entità arrivate da chissà dove, dei fenomeni paranormali, degli alieni, dei mostri incappucciati che niente hanno a che fare col resto dei manifestanti e quindi non possono che essere fascisti di Casa Pound o servizi segreti deviati.
Questo meccanismo è preoccupante perché sottovaluta, fino al punto da rimuovere del tutto, quanto di enorme sta succedendo da tempo in una zona grigia del movimentismo di sinistra in Italia e nel suo rapporto con la violenza. Ed è preoccupante perché ci troviamo, in questo caso, in una situazione in cui c’è poco da ipotizzare. Basta osservare. Andate a leggere cosa si dice delle violenze di sabato sui siti Internet dei centri sociali, su Militant, su Indymedia, sui siti dei No Tav. Andate a parlare con queste persone, se ne conoscete, chiedete loro cosa pensano dei fatti di Roma: vedete se vi parlano di “infiltrati” o di “rivoluzionari”. Ricordatevi di quanto era successo qualche mese fa in Val di Susa, oppure il 14 dicembre dello scorso anno. Certo, ci sono tante sfumature: ci sono quelli armati fino ai denti, ci sono quelli che tirano le pietre, ci sono quelli che si limitano a fare il tifo, ci sono quelli non violenti che però sputano in faccia a Pannella (a Berlusconi cosa avrebbero fatto? Pensateci), ci sono quelli che corrono a diventare fan di Massimo Tartaglia su Facebook. Ma ci sono, esistono.
Sono i “black bloc” che non esistono. Esistono sedicenti rivoluzionari di sinistra, minorenni, di mezza età e più stagionati. Persone che si considerano in missione per il bene del pianeta e pensano che fare quello che è stato fatto a Roma sia necessario, buono e giusto. Non serve supporlo: basta leggerlo, ascoltarlo. Ed esiste una crescente parte dell’opinione pubblica di sinistra che non tirerebbe mai una pietra, ma frustrata da anni di umiliazioni e cresciuta a pane e populismo si ritrova capace di dire cose bestiali su Berlusconi e la fine che dovrebbe fare. Prima ce ne rendiamo conto e meglio è. Per la politica, se vuole ricostruire il Paese al di là delle prossime elezioni e vuole farlo evitando di evocare i morti in piazza e i dittatori del Novecento. E anche per chi vuole cambiare il mondo a colpi di manifestazioni di piazza, che non può più limitarsi a pensare che questi siano solo problemi della polizia.