Mozione Napolitano
In effetti, in una fase di seria difficoltà sia per il consolidamento degli equilibri della finanza pubblica sia per il conseguimento, parimenti indispensabile, di un più elevato ritmo di crescita economica in tutto il paese, occorre riconoscere e affrontare senza fatali ulteriori incertezze, lentezze e false partenze, le strozzature che dal lato del sistema giustizia maggiormente pesano sullo sviluppo complessivo del paese. I tempi e le pesantezze del funzionamento della giustizia sono parte della generale difficoltà del risanamento dei conti pubblici, dell’abbattimento dell’ormai insostenibile stock di debito pubblico, e fanno ostacolo a un’intensificazione dell’attività d’impresa e degli investimenti, in particolar modo di quelli esteri.
Gli stessi obbiettivi di fondo – in chiave di evoluzione civile e di rafforzamento della democrazia – cui voi vi siete ispirati nello scegliere la strada del servizio in magistratura: lotta a tutte le forme di criminalità, e in special modo alla criminalità organizzata, sicurezza delle istituzioni e dei cittadini, garanzia del rispetto dei doveri e del godimento dei diritti egualmente sanciti in Costituzione, si incrociano con le pressanti esigenze del rilancio della crescita produttiva e occupazionale, su basi più stabili ed equilibrate. Siete e sarete dunque, col vostro impegno nei ranghi della Magistratura, portatori di una funzione di fondamentale interesse nazionale: anche intervenendo su ogni, singolo concreto caso in cui si manifestino sindromi di violenza, forme vecchie e nuove di corruzione, abusi di potere e attività truffaldine, che oggi dominano la cronaca quotidiana e fortemente impressionano i cittadini onesti.
E’ questo l’autentico senso della missione che deve animarvi, con il decisivo supporto della cultura giuridica, della passione per il diritto, della preparazione e della cultura professionale.Le ragioni della crisi di fiducia nel “sistema – giustizia” possono rinvenirsi certamente in gravi inadeguatezze normative e strutturali, fin troppo analizzate e rispetto alle quali hanno tardato e tardano risposte di riforma, da concepire peraltro con organicità, con equilibrio e con volontà di ampia condivisione. Concorre però alla crisi di fiducia in atto anche un offuscamento dell’immagine della magistratura, sul quale non mi stanco di sollecitare una seria riflessione critica.
Fin dal 2007 – come avrete modo di leggere negli interventi raccolti nella pubblicazione che vi è stata consegnata – ho invitato i magistrati a ispirare le proprie condotte a criteri di misura e riservatezza, a non cedere a fuorvianti “esposizioni mediatiche”, a non sentirsi investiti di “improprie ed esorbitanti missioni”, a non indulgere in atteggiamenti protagonistici e personalistici che possono mettere in discussione la imparzialità dei singoli, dell’ufficio giudiziario cui appartengono, della magistratura in generale.
L’affermazione e il riconoscimento del ruolo dei magistrati non può prescindere dal rispetto dei limiti che, di per se stesso, tale ruolo impone. Il magistrato deve assicurare – in ogni momento, anche al di fuori delle sue funzioni – l’imparzialità e l’immagine di imparzialità su cui poggia la percezione che i cittadini hanno della sua indipendenza e quindi la loro fiducia.
Vanno perciò evitate condotte che comunque creino indebita confusione di ruoli e fomentino l’ormai intollerabile, sterile scontro tra politica e magistratura.
Ciò accade ad esempio, quando il magistrato si propone per incarichi politici nella sede in cui svolge la sua attività oppure quando esercita il diritto di critica pubblica senza tenere in pieno conto che la sua posizione accentua i doveri di correttezza espositiva, compostezza, riserbo e sobrietà.
Ho perciò apprezzato gli orientamenti che il Consiglio Superiore e la sua Sezione disciplinare hanno recentemente espresso in proposito ribadendo poi, per la parte relativa all’esercizio di uffici politici, anche la necessità di un urgente intervento legislativo.Su questi punti si è ieri soffermato con voi anche il Presidente Lupo sottolineando che la spettacolarizzazione piuttosto che il concentrarsi nel silenzioso impegno quotidiano rischia di spingere la professione del giudice al centro di polemiche personali e di conflitti istituzionali e che, solo nell’esercizio imparziale dei suoi compiti, il magistrato può conquistare e meritare credibilità “pur se contingentemente può dispiacere ad alcuni o a molti”.
Ieri, facendo proprio l’insegnamento di Antonio Brancaccio – già mio compianto predecessore al Ministero dell’Interno -, il Presidente Lupo vi ha anche ricordato che qualità essenziali di un buon magistrato sono la costante attenzione culturale, la forte tensione morale e l’umiltà. Un richiamo, quello all’umiltà, che è stato ribadito poco fa anche dal Vice Presidente Vietti e che è quanto mai attuale in tempi carichi di tensioni e “tentazioni”.Accanto alla competenza, frutto di preparazione e di continuo aggiornamento, contano dunque molto i comportamenti. Rigore e senso di responsabilità saranno in particolare richiesti a coloro tra voi che, a seguito della deroga transitoria ai principi generali appena approvata, saranno destinati a svolgere da subito le delicate e incisive funzioni di Pubblico Ministero.
Nell’avvio e nella conduzione delle indagini, sappiate applicare scrupolosamente le norme e far uso sapiente ed equilibrato dei mezzi investigativi bilanciando le esigenze del procedimento con la piena tutela dei diritti costituzionalmente garantiti.
Il discorso vale, in specie, per le intercettazioni cui non sempre si fa ricorso – come invece insegna la Corte di Cassazione – solo nei casi di “assoluta indispensabilità” per le specifiche indagini e delle quali viene poi spesso divulgato il contenuto pur quando esso è privo di rilievo processuale, ma può essere lesivo della privatezza dell’indagato o, ancor più, di soggetti estranei al giudizio.In via più generale, non posso che ribadire con forza l’invito che ho formulato già negli scorsi anni a evitare l’inserimento nei provvedimenti giudiziari di riferimenti non pertinenti o chiaramente eccedenti rispetto alle finalità dei provvedimenti stessi, così come l’invito a usare il massimo scrupolo nella valutazione degli elementi necessari per decidere l’apertura di un procedimento e, a maggior ragione, la richiesta o l’applicazione di misure cautelari.
Il rispetto di questi elementari principi e la capacità di calare le proprie decisioni nella realtà del Paese – facendosi carico delle ansie quotidiane e delle aspettative della collettività – possono impedire o almeno attenuare attriti e polemiche in grado di lasciare strascichi velenosi e di appesantire le contrapposizioni tra politica e giustizia.