Clinton, Gingrich, Palin
È noto che in ogni caso Hillary Clinton non sarà il Segretario di Stato della prossima amministrazione, lo ha detto lei più volte, ed è intuibile che il suo desiderio sia ritentare una candidatura alle presidenziali del 2016. Per ovvie ragioni non lo dirà nemmeno sotto tortura, neanche immaginandola come lontana possibilità, altrimenti si troverebbe di fatto già in campagna elettorale e ogni suo gesto nei prossimi due anni sarebbe letto come posizionamento in vista delle elezioni. Un incarico alla Banca Mondiale per una del suo calibro sarebbe, con tutto il rispetto, un incarico da fine carriera: non un trampolino di lancio. Che Hillary Clinton lasci il dipartimento di Stato l’estate prossima, in piena campagna elettorale, per fare due anni o tre da presidente della Banca Mondiale a me sembra improbabile. Insomma, tra due scenari certamente possibili – Hillary Clinton alla Banca Mondiale, Hillary Clinton candidata alla presidenza – io penso che il secondo sia più probabile ed escluda l’altro.
Newt Gingrich ieri ha perso tutto il suo staff. E non perché l’ha licenziato lui, cosa tutto sommato normale in questa fase della campagna elettorale, bensì perché loro se ne sono andati. Brutto segno: dopo la rinuncia di Huckabee, il flop della sua campagna starà facendo venire una comprensibile acquolina a Michele Bachmann e Sarah Palin. L’ex governatrice dell’Alaska, tra l’altro, rischia di passare qualche giorno sull’ottovolante: oggi lo Stato dell’Alaska diffonderà 24.000 pagine di email inviate da lei quando era governatore, per la maggior parte attraverso account privati, in ossequio a una di quelle leggi sulla trasparenza della pubblica amministrazione. New York Times e Washington Post hanno chiesto ai loro lettori di aiutarli a spulciarle. Chissà cosa salta fuori (pronostico: torneremo a discutere del Bridge to Nowhere).