La guerra in Libia è legale
Sempre a proposito della Libia, mi ha molto colpito l’articolo pubblicato oggi con grande evidenza dal sito dell’Espresso. Lo firma Michele Ainis, che è un giurista molto bravo e molto stimato, e sostiene che la guerra in Libia sia illegale. Non sbagliata, malcondotta, ipocrita, inutile, dannosa, tutte le critiche più o meno fondate che si possono fare a questa guerra: illegale.
I primi quattro paragrafi dell’articolo di Ainis, in sostanza, criticano il governo italiano per la sua smaccata ipocrisia: prima amiconi di Gheddafi, poi trascinati a forza nell’operazione militare ma senza bombardare, poi alla ricerca di una soluzione politica, ora a bombardare come Francia e Stati Uniti. Il tutto parlando un po’ di intervento umanitario, un po’ di guerra e un po’ di operazione a difesa dei nostri interessi. Condivido molto questa critica alla generale e mediocre ipocrisia del governo, ma mi pare evidente che non abbia nulla a che fare con la legalità della guerra in Libia e della partecipazione italiana.
Le critiche alla legalità della guerra arrivano negli ultimi due paragrafi dell’articolo. Il primo argomento è questo.
In primo luogo, si dà il caso che l’art. 78 della Carta pretenderebbe che ogni guerra venga deliberata dalle Camere. Non dal Consiglio supremo di difesa, che sempre a metà marzo aveva approvato un atto d’indirizzo. Non dal Parlamento in forme generiche e allusive, com’è fin qui avvenuto. Serve una decisione univoca, circostanziata, meditata. E va espressa nell’unico luogo istituzionale in cui le opposizioni hanno un posto in tavola. In questo caso, viceversa, neanche uno straccio di delibera del Consiglio dei ministri. La licenza d’uccidere, come per l’agente 007, l’ha decisa Sua Maestà, ovvero il presidente Berlusconi.
Con rispetto parlando per Ainis, dire che la guerra in Libia è stata decisa da Berlusconi da solo è dire una bugia grossolana. Il 24 marzo la Camera ha discusso, votato e approvato una risoluzione che impegna l’Italia, tra le altre cose, “ad adottare ogni iniziativa necessaria per assicurare che l’Italia partecipi attivamente con gli altri paesi disponibili, ovvero nell’ambito delle organizzazioni internazionali di cui il Paese è parte, alla piena attuazione della risoluzione n. 1973”. La risoluzione n. 1973 dell’ONU è quella che autorizza “ogni azione necessaria” per fermare Gheddafi, inclusi i bombardamenti. Il giorno prima la stessa cosa era stata fatta dal Senato. Le risoluzioni votate dal Parlamento autorizzano e anzi impegnano l’Italia ad aderire alla risoluzione 1973 dell’ONU in modo inequivocabile: altro che “forme generiche e allusive”. Si può pensare che l’Italia avrebbe dovuto bombardare fin dall’inizio, si può pensare che l’Italia non avrebbe dovuto farlo adesso: quel che è certo è che si tratta di una decisione assolutamente legittima e legale.
La seconda ragione per cui Ainis considera “illegale” la guerra in Libia è ancora più fragile.
E c’è poi l’aspetto sostanziale. L’Italia «ripudia» la guerra, dice l’art. 11 della Costituzione. Significa che è ammessa la sola guerra difensiva, per resistere a un’aggressione altrui.
Il fatto che uno studioso competente come Ainis dica una simile sciocchezza mi ha sbalordito. Il concetto di “guerra difensiva”, nell’articolo 11, è inesistente: non si dice da nessuna parte che “è ammessa la sola guerra difensiva”. Si dice, invece, che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. Che si possa essere o no d’accordo, è quello è accaduto in questo caso: la guerra non è stata usata per dirimere “controversie internazionali” né per “offendere la libertà di altri popoli”, bensì per fermare un sanguinoso massacro in corso da settimane, su esplicito mandato delle Nazioni Unite. Si può non essere d’accordo, ma lo si faccia portando degli argomenti: quello della legalità di certo non lo è.
Aggiornamento. Giovanni Fontana mette i puntini sulle i, da leggere.