La diplomazia dopo Wikileaks
Appendice al ragionamento di ieri su Wikileaks. Il valore della pubblicazione di documenti riservati che documentano ingiustizie e abusi è duplice: evidenziare le responsabilità di quegli abusi, così da perseguirle, e fare da deterrente in vista del futuro, perché chi compie un’ingiustizia o un abuso sappia che può essere scoperto in qualsiasi momento.
Abbiamo detto e sappiamo invece che le decine di migliaia di documenti che contengono solo comunicazioni tra diplomatici non hanno niente a che fare con tutto questo. La loro diffusione non evidenzia responsabilità da perseguire, né comportamenti da censurare o ingiustizie rispetto alle quali fare da deterrente: solo legittime e discutibili opinioni, giudizi, pareri raccolti da fonti sul campo. Abbiamo detto e sappiamo che senza riservatezza e protezione delle fonti la diplomazia praticamente non esisterebbe. Quali saranno quindi le conseguenze della decisione di Wikileaks di pubblicare quelle decine di migliaia di rapporti diplomatici? Rispetto a cosa questa azione farà da deterrente?
Di certo non alla riservatezza nelle comunicazioni diplomatiche. Non è che da domani l’ambasciatore statunitense in Italia dà un’intervista a Repubblica per far sapere a Obama che secondo Gianni Letta il presidente del consiglio è cotto. Non è che da domani l’emiro scrive una lettera aperta al Pentagono per chiedere di bombardare le centrali nucleari iraniane. E non è nemmeno che l’ambasciatore americano e l’emiro smettono di intrattenere rapporti diplomatici nella paura che le loro comunicazioni vengano intercettate e pubblicate.
Come già argomentato da molti commentatori, quindi, una conseguenza significativa del Cablegate sarà la riduzione della trasparenza: le ambasciate e i diplomatici continueranno a comunicare, perché altro non possono fare, trovando mezzi e canali più riservati e segreti di quelli esistenti, evidentemente troppo fragili. È un peccato perché la fine della riservatezza mette a rischio l’esistenza stessa della diplomazia e perché, tra le altre cose, gli Stati Uniti da tempo hanno un programma di diffusione dei cables, dopo il passaggio di un certo numero di anni.
Un’altra conseguenza è il rischio che gli Stati Uniti facciano marcia indietro rispetto alla pratica di condivisione delle informazioni di intelligence tra ambasciate e agenzie governative, che poi è quello che ha permesso alla talpa di Wikileaks di avere accesso a una tale mole di documenti. È un peccato perché si tratta di una strategia saggia, una di quelle che i critici delle rigide legislazioni securitarie invocano sempre quando si cercano modi di proteggere i cittadini senza compromettere la loro libertà. Tutte cose che sono possibili solo grazie alla riservatezza delle comunicazioni diplomatiche.