Baluardi della società civile
Le cose del mondo sono complicate, le responsabilità nelle cose che non vanno sono spesso condivise tra più attori, è difficile avere posizioni seriamente ragionate che non prevedano sfumature, dubbi, se, ma. Poi a volte ci sono dei momenti di massima chiarezza: delle situazioni che prevedono una scelta semplice, a parità di condizioni, che permette di dare un giudizio circoscritto ma certo e finale, a meno di future e soprattutto motivate marce indietro.
Io dico che oggi i giornali italiani si giudicano dalla scelta di pubblicare o non pubblicare le registrazioni audio degli interrogatori relativi al delitto di Avetrana. Quando si decide come trattare una notizia, le decisioni possono essere molte e difficili da interpretare: nello spazio da dedicare, nel tono da utilizzare, nelle parole da scegliere, nel giornalista da impegnare. Questa invece era una decisione complessa ma in fin dei conti binaria: puoi parlarne quanto vuoi, ma alla fine gli audio o li pubblichi o non li pubblichi. Non era una notizia, dato che gli audio non fanno sapere niente che non si sapeva già. E la scelta competeva in ultima istanza a una sola persona: il direttore. I direttori che hanno deciso di pubblicarli, a mio parere, si sono giocati la credibilità di qualsiasi lamentazione passata, presente e futura riguardo i plastici di Bruno Vespa, i turisti morbosi, la poca sobrietà nel raccontare la cronaca nera, i fanatici dell’orrido, il giornalismo di scarsa qualità e via dicendo.
Poi bisognerebbe anche fare un discorso a parte su una procura che da un mese fa arrivare ai giornalisti tutti i verbali di tutti gli interrogatori, e ora addirittura le registrazioni. Ma tanto a quello ci pensa il CSM come sempre, no? Hanno già aperto un’indagine interna? Hanno annunciato provvedimenti disciplinari?