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Il giorno che sono diventato romanista

Scrivendo questo articolo sulla situazione della Roma, mi sono ritrovato a scartabellare tra i risultati e le partite degli ultimi vent’anni. E ho ricostruito i primi passi del mio tifo per la Roma. “Perché sei della Roma?” è stata probabilmente la domanda a cui mi sono trovato a rispondere più volte durante la mia adolescenza. Vivevo a Catania, e il Catania si barcamenava tra la serie C e i campionati non professionistici: quindi i miei coetanei tifavano tutti Milan o Juventus. E tutti trovavano strano che un catanese stesse per una squadra di Roma, mentre invece trovavano perfettamente normale che un catanese stesse per una squadra di Milano o di Torino. Un po’ era comprensibile: Juventus e Milan vincevano un sacco, la Roma non vinceva mai. E allora perché tifavo per la Roma? Non ci sono grandissimi aneddoti a disposizione. Diciamo intanto che la circostanza è stata favorita dal fatto che i miei genitori non tifassero nessuna squadra in particolare, e quindi avevo abbastanza campo libero (zii e cugini, invece, erano tutti juventini). Avevo tipo cinque o sei anni e non tifavo per nessuno, o meglio: passavo nel giro di settimane dal tifare per il Milan al tifare per il Napoli a non tifare per nessuno. Il calcio mi piaceva un sacco ma non c’era una squadra che mi piacesse davvero.

Poi un giorno vidi una partita della Roma in tv. Era un Roma-Sampdoria di Coppa Italia: ho ricostruito che è quella giocata il 12 febbraio 1992. Erano i quarti di finale, io avevo sette anni. Ricordo che mi piacque molto – chissà perché mai: la Roma perse uno a zero – ma la scintilla doveva ancora scattare. Diventai veramente romanista un anno dopo, il 19 giugno 1993, dopo aver visto una partita emozionante e spettacolare: la finale di ritorno di Coppa Italia, contro il Torino. La Roma aveva perso tre a zero nella finale di andata e quindi si trovava costretta a tentare una difficilissima rimonta. Che ci fu, ma non fu sufficiente: la Roma vinse cinque a due, colmò le tre reti di differenza ma i gol segnati in trasferta dal Torino gli valsero la vittoria della Coppa. Una partita che è un po’ una sintesi dell’essere romanisti: grandi disastri, poi grande cuore, poi ci si illude, poi si perde. Andai a dormire un po’ triste, com’è ovvio, ma anche rassicurato e confortato: avevo trovato la mia squadra.