Fingers crossed
Si sta votando in queste ore in Massachusetts, per eleggere chi succederà a Ted Kennedy sul suo seggio al senato. Si tratta di un’elezione dall’importanza cruciale, come ho scritto negli ultimi giorni. Chi ha dato il suo indirizzo email a Organizing for America questa mattina ha ricevuto una email firmata dal presidente Obama il cui oggetto è Today is the day e nella quale si legge, tra le altre cose, che «If you were fired up in the last election, I need you more fired up in this election». Avete capito qual è il clima, insomma. La maggioranza dei sondaggi sostiene che il repubblicano Brown sia leggermente in vantaggio, ma i due candidati restano comunque entro il margine di errore statistico. La partita si gioca tutta nel campo dei democratici, dato che il Massachusetts è uno degli stati più blu della nazione: molti sembrano intenzionati a non recarsi alle urne, una fetta non indifferente pensa di votare Brown, tantissimi decideranno all’ultimo momento se votare o no. Quelli che seguono sono gli scenari possibili.
Lo scenario 1 è quello per cui alla fine Coakley vince e di questi giorni rimane solo un grande spavento. La riforma sanitaria completa il suo iter, Obama esce dall’angolo e sfrutta il suo primo discorso sullo stato dell’unione per aprire la campagna elettorale in vista delle elezioni di metà mandato, che la campagna elettorale in Massachusetts ha mostrato quanto potranno essere pericolose.
Lo scenario 2 è quello per cui i due candidati finiscono distanziati di pochissimi voti, nessuno dei due riconosce la sconfitta ed entrambi si dichiarano vincitori. Inizierebbe quindi una battaglia legale simile a quella occorsa in Minnesota lo scorso novembre: tra sentenze, ricorsi e riconteggi Al Franken riuscì a giurare da senatore ben otto mesi dopo il 4 novembre. E nel frattempo? Nel frattempo si aprirebbe un’altra battaglia legale, dato che il sostituto del senatore Kennedy, Paul Kirk, rimarrebbe al suo posto fino all’arrivo del senatore eletto dal popolo. Ma sarebbe giusto? E potrebbe votare? I repubblicani sono già scatenati: un voto di Kirk sarebbe illegittimo. I democratici potrebbero forzare la mano e portare lo stesso la riforma sanitaria in senato, ma penso che i centristi più riottosi – Lieberman e Nelson su tutti – non si presterebbero a questa manovra.
Lo scenario 3 è quello per cui Brown vince nettamente. La legge elettorale del Massachusetts prevede che in assenza di ricorsi o riconteggi il senatore eletto presti giuramento a 15 giorni dal voto. I democratici potrebbero far tutto in quindici giorni? È praticamente impossibile, ma si è ragionato anche di questo. In quindici giorni infuocati da polemiche e reciproche accuse bisognerebbe stendere un accordo solido con la camera, portarlo all’ufficio del budget, attendere una stima (potrebbero volerci alcuni giorni) e portare la legge in senato. I repubblicani naturalmente scatenerebbero un inferno.
È quasi certo quindi che in caso di sconfitta in Massachusetts i democratici dovranno riuscire a far passare la riforma sanitaria senza i 60 voti al senato. Come? La strada è quella di far votare alla camera in tempi molto brevi il disegno di legge già approvato dal senato, senza alcuna modifica, dietro la promessa di un decreto da portare successivamente al senato e far passare con la procedura chiamata reconciliation, che permette di aggirare l’ostruzionismo anche senza i 60 voti (ma solo per le norme in materia di bilancio). È una strada estremamente accidentata, perché i liberal alla camera – già particolarmente succubi del senato in questo primo anno di amministrazione Obama – potrebbero fare molto casino, mentre i centristi potrebbero diventare ancora più riottosi e rompiballe, nel tentativo di salvarsi dalla prevedibile ondata repubblicana di novembre.
Naturalmente l’unica cosa sensata da fare – lo scenario 4, diciamo – sarebbe mettere in discussione una volta per tutte i termini della pratica dell’ostruzionismo: non è ammissibile che un partito con una maggioranza di 59 seggi su 100 si trovi di fatto impossibilitato a governare. Nei giorni scorsi se n’è lamentato il vice presidente Biden – «This is the first time every single solitary decisions has required 60 senators. No democracy has survived needing a super majority» – ma è da escludere che i repubblicani si facciano coinvolgere in una discussione bipartisan sui poteri del congresso all’indomani di quella che sarebbe una vittoria dall’enorme significato.
Comunque, in situazioni come queste tutti possono essere utili: quindi dalle due di questa notte in poi qui si segue le conta dei voti in Massachusetts, con un liveblogging come ai bei tempi delle presidenziali.