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Il momento governo Prodi

Il percorso della riforma sanitaria negli Stati Uniti entra in questi giorni nella sua fase più importante. Tra breve inizierà la discussione della legge in senato: i democratici si sono da tempo impegnati a far votare e approvare la riforma dalla camera alta entro Natale. Poi una commissione bicamerale unirà il testo del senato con quello della camera e il testo finale verrà sottoposto nuovamente al voto dei due rami del congresso. La scadenza finale è inevitabilmente il primo discorso sullo stato dell’unione di Obama, tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio.

Il problema è che ultimamente le cose non si sono messe benissimo. Ieri ho detto del ricatto di Lieberman, che ha ottenuto quello che chiedeva. Il parziale annacquamento del disegno di legge del senato ha fatto infuriare l’ala più radicale del partito democratico, che ha alzato la voce e si prepara a un’infuocata campagna sui media. Mentre MoveOn ha già raccolto un milione di dollari da utilizzare contro Joe Lieberman quando questo cercherà la rielezione a senatore, Howard Dean – ex presidente dei democratici – in un editoriale pubblicato dal Washington Post ha affermato che se fosse senatore non voterebbe la riforma. In realtà il fallimento della riforma non sembra un’ipotesi credibile, anche perché tutti i democratici del congresso hanno presente che genere di disastro sarebbe: lo spiega bene, insieme a molte altre cose, questo ottimo articolo pubblicato su Slate. Obama ne sarebbe enormemente indebolito e la delusione dei democratici si farebbe sentire alle elezioni di metà mandato, spianando la strada a una vittoria dei repubblicani. I deputati, che hanno già votato e approvato la legge, sarebbero visti dall’elettorato come degli irresponsabili – al contrario dei rigorosi e prudenti senatori – e non avrebbero dalla loro nemmeno l’argomento dei risultati ottenuti dalla riforma, visto che non potrebbero vantarne alcuna. Per questa ragione, la Casa Bianca è determinata a far passare qualsiasi cosa si possa chiamare “riforma sanitaria”. Inoltre, per quanto parzialmente annacquata, la legge in pista in questo momento al senato – che comunque andrebbe ancora incontro a revisioni e possibili aggiustamenti – sarebbe un notevole passo avanti rispetto alla situazione attuale, di certo il più grande e significativo dalla creazione di Medicare e Medicaid da parte di Lyndon B. Johnson.

Quel che è certo, intanto, è che si è creato un circolo vizioso dal quale è difficile uscire: per ragioni molto diverse tra loro, sia la destra che il centro e la sinistra non perdono occasione per muovere critiche alla riforma. Tutto questo si riflette sul gradimento della popolazione nei confronti della legge – precipitato nelle ultime settimane sotto un tiro molto più bipartisan di quanto sembri, e legato anche a fattori indipendenti dalla riforma – e rende quindi ancora più complicato per deputati e senatori sostenere la legge a spada tratta. Ovviamente c’è molto di vero nelle critiche di chi ritiene che si potesse fare molto di più, ma il punto è come: a meno che non si abbiano delle critiche precise nei confronti del modo in cui Obama e la leadership democratica hanno gestito il processo legislativo, ci sono pochi dubbi sul fatto che quel che finirà nel testo finale sarà il massimo che si sarà riuscito a tirar fuori con queste condizioni politiche, che eppure promettevano bene. Il momento-governo-Prodi è tutto qui: quando deputati e senatori di maggioranza iniziano a parlar male delle cose che fa il loro governo per ingraziarsi gli elettori e fanno a gara a mostrarsi più radicale o più moderato degli altri, le cose non possono che andare male. Approvare la riforma sanitaria è anche una strada per uscire da questo gorgo e mettersi a lavorare in vista delle elezioni del prossimo novembre.