Questo sito contribuisce alla audience di IlPost

Urla, urla un po’ di più

Uno dei dibattiti che avvolge la sinistra italiana da anni e anni – quello riguardo il modo più giusto ed efficace di fare opposizione, e se questo corrisponda al modo più pregiudiziale, sbracato e sopra le righe – coinvolge anche il partito repubblicano statunitense, più o meno da quando si trova anche lui all’opposizione. Una parte di questo – la parte delle talk radio, dei tea parties, eccetera – urla ogni giorno contro Obama, chiude a ogni possibilità di confronto su qualsiasi tema e non perde occasione per accomunare il presidente a un dittatore e le sue politiche a quelle dei grandi totalitarismi. Un’altra parte, sempre più minoritaria e terrorizzata, cerca di confrontarsi coi democratici, discute del merito delle questioni e viene continuamente insultata e minacciata dai suoi compagni di partito, che la definiscono traditrice, infame e collaborazionista, probabilmente perché non hanno (ancora) una parola per dire “inciucista”. In attesa di capire quale delle due fazioni avrà la meglio, negli Stati Uniti è già abbastanza chiaro quale dei due approcci nel fare opposizione nuoce più alla maggioranza e quale la avvantaggia. Ogni volta che parla Sarah Palin, infatti, gli indipendenti si allontanano dai repubblicani e i democratici raccolgono una barca di quattrini (ed era già successo in campagna elettorale, tanto da far dire a Plouffe che “Sarah Palin was our best fundaiser”).