Via, Via
«Nutrire il pianeta, energia per la vita». Da un evento con uno slogan così evocativo e solenne, quale è l’Expo che si terrà a Milano nel 2015, ci si aspetterebbe una condotta ambientale e urbanistica all’avanguardia, un modello per ogni altro evento di queste dimensioni che vuole inserirsi armonicamente in un territorio, tentando di arricchirlo e non di danneggiarlo.
Potrebbe andare diversamente. Un progetto di legge regionale in discussione in questi giorni, presentato direttamente dall’assessore al territorio e all’urbanistica, consentirà infatti a Roberto Formigoni di accentrare su di sé un numero sconfinato di poteri e competenze, nonché la possibilità di decidere se sottoporre le opere da realizzare alla valutazione di impatto ambientale. Un potere che gli permetterebbe in completa solitudine di determinare la sorte di infrastrutture da realizzare su una porzione di territorio particolarmente delicata. Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente, infatti, il 59 per cento dei comuni lombardi è a rischio idrogeologico e molte delle aree interessate – perché attraversate da corsi d’acqua sotterranei – sarebbero proprio quelle destinate a ospitare alcune delle importanti infrastrutture da realizzare in vista dell’Expo. Aree sulle quali, quando il progetto di legge incriminato entrerà in vigore, sarà possibile costruire qualsiasi cosa senza che sia obbligatoria una valutazione di impatto ambientale.
«L’Expo non può essere un grimaldello per aggredire ulteriormente il nostro territorio», hanno scritto in un appello i consiglieri regionali Giuseppe Civati e Carlo Monguzzi, il deputato Emanuele Fiano e il capogruppo del Pd al comune di Milano, Pierfrancesco Majorino. «La proposta di modifica della valutazione ambientale regionale», prosegue l’appello, «in parte anche il piano casa recentemente approvato dal centrodestra in regione, le modifiche continue alla legge urbanistica lombarda sono state presentate all’opinione pubblica da Formigoni come semplificazioni necessarie per far partire in tempi utili le opere dell’Expo. Ma in realtà l’Expo è stato usato come un pretesto e questi interventi servono per rispondere agli appetiti dei soliti privati». Di fatto, concludono i promotori dell’iniziativa, «le Olimpiadi invernali di Torino del 2006, evento sicuramente confrontabile con Expo 2015, non hanno prodotto accentramento di poteri o semplificazioni normative sull’uso del territorio». Soprattutto non hanno prodotto la possibilità di aggirare un passaggio cruciale quale la valutazione di impatto ambientale nella costruzione di opere così importanti. Nel paese delle tragedie annunciate, probabilmente non si tratta di un’idea geniale.