L’ultimo giro
È stata, con ogni probabilità, l’ultima convention di David Cameron come capo dell’opposizione. Col Labour ridotto in macerie, infatti, in questo momento nessuno nutre il minimo dubbio sul fatto che il 43enne leader del partito conservatore sarà il prossimo primo ministro del Regno Unito. Diplomato a Eton e protagonista di un’ascesa fulminante ai vertici del suo partito, il leader dei conservatori è riuscito in pochi anni a rinnovare completamente l’immagine del suo partito, trasformando radicalmente una formazione politica sbriciolata dal predominio dei laburisti e da una classe politica vittima di anni di sconfitte. Cameron ha rinfrescato il simbolo del suo partito, decontaminandolo da quanto di negativo aveva rappresentato per oltre dieci anni, e ha modernizzato radicalmente le idee di un partito che in Italia sarebbe molto poco conservatore: proposte avanzate sul fronte della tutela dell’ambiente, responsabilità sui conti pubblici e le tasse, difesa a spada tratta del sistema sanitario nazionale, completo abbandono di ogni posizione discriminatoria nei confronti di tutte le minoranze.
Uno stravolgimento così radicale da impegnare Cameron in questi anni anche all’interno del suo stesso partito: c’è voluto parecchio tempo prima che i membri più anziani dei conservatori digerissero le posizioni di questo giovane dirigente così lontano dalla tradizione conservatrice britannica. Passo dopo passo, al leader dei conservatori è riuscita la stessa impresa che garantì al New Labour il suo ciclo di vittorie: la conquista del consenso dell’elettorato moderato. Un percorso che non è stato indolore a destra ma che ha permesso a Cameron di sfondare al centro.
«Non tutto quello che il Labour ha fatto dal 1997 in qua è stato sbagliato», disse Cameron nel 2006 durante uno dei discorsi più importanti della sua leadership. «La gente non vuole che riportiamo indietro l’orologio, ma che si correggano le cose sbagliate e si conservino le cose positive. Dove il Labour farà cose giuste, come la riforma della scuola, le supporteremo. Questa è la sostanza: prendere una posizione per le cose in cui credi. Mettere il bene del paese davanti a tutto». Parole che irritarono la destra del suo partito ma mostrarono ai britannici che stava succedendo qualcosa di nuovo e spiazzante. La stessa cosa accadde per la posizione di Cameron sulle unioni civili, mirata a sanare un’antica spaccatura con la comunità gay britannica. «Promettersi a qualcuno significa fare qualcosa di coraggioso e importante. Significa dire pubblicamente: non sono più io e basta, siamo noi. Insieme. Questo è quello che importa, e importa sia che voi siate un uomo e una donna, sia che voi siate due uomini o due donne». Passo dopo passo, mattone dopo mattone, David Cameron ha riportato in vita un partito esanime, riconquistando il consenso di quelle fasce di popolazione che l’avevano abbandonato subito dopo l’era Thatcher e la disastrosa esperienza governativa di John Mayor.
Con i sondaggi che attribuiscono loro un vantaggio abissale, la convention di Manchester poteva essere per i conservatori poco più che una passerella: l’occasione per scaldare i motori in vista delle elezioni politiche, previste per il prossimo anno. Per questo motivo è stato accolto con qualche sorpresa il discorso severo di George Osborne, il 38enne futuro ministro delle finanze, che ha annunciato il congelamento degli stipendi dei quattro milioni di dipendenti pubblici e annunciato sacrifici.«Questa è la strada più giusta, nel mondo in cui viviamo, e dobbiamo percorrerla adesso. Chi dice altro non vi sta dicendo la verità. Siamo tutti sulla stessa barca». Cameron ha ribadito lo stesso messaggio nel suo discorso conclusivo. «Quando ci guarderemo indietro, non diremo che il governo l’ha reso possibile, non diremo che il ministro l’ha reso possibile. Diremo che la dirigente l’ha reso possibile, diremo che l’agente di polizia l’ha reso possibile, diremo che il padre l’ha reso possibile, diremo che l’insegnante l’ha reso possibile. Voi l’avete reso possibile». Responsabilità, sobrietà, rigore. Il manifesto ideale del partito conservatore ideale. Con un leader all’altezza di ricoprire la carica di primo ministro del Regno Unito.