Consigli al Pd
Questa cosa delle assenze al voto sullo scudo fiscale è lo specchio di tutto il dilettantismo e l’improvvisazione con cui sono gestite le cose nel Pd. Ricapitolando, è successo che durante il voto decisivo su questa misura contestata e discutibile ci fossero ventidue deputati del Pd assenti, in un voto che ha visto la maggioranza prevalere per soli venti voti. Risultato: il finimondo. Ora, chiunque abbia un minimo di conoscenza della politica e delle cose parlamentari sa bene che la maggioranza non avrebbe mai chiesto il voto senza avere la certezza di vincerlo, e se i ventidue deputati del Pd fossero stati presenti il centrodestra avrebbe chiesto a tre deputati a caso di rientrare in aula o avrebbe chiesto di rinviare il voto. Inoltre, il Pd ha delle altre attenuanti: il voto si è tenuto in qualche modo a sorpresa, rispetto a quando era inizialmente previsto; il gruppo del Pd è tra i gruppi con la maggior percentuale di presenze e gli stessi ventidue assenti – fatta salva qualche eccezione, vedi alla voce Gaglione – sono tra i deputati con le percentuali più alte di partecipazione al voto. Questo non toglie che si sia trattato di un inciampo notevole, più mediatico che politico, e che se stai all’opposizione questo genere di situazioni è meglio evitarle, sempre e in ogni caso.
Quando il casino succede, però, ci sono due opzioni. La prima, che è quella che percorrerebbe un partito intelligente, è chiedere scusa ai propri elettori ma difendere la credibilità del gruppo parlamentare e del suo operato: dire che è stato uno spiacevole incidente di percorso ma che purtroppo sarebbe cambiato poco e che comunque il Pd svolge il suo lavoro la Camera con costanza e affidabilità. Fare che questa sia la linea, da dire in tutte le tv, in tutte le interviste, senza lasciare spazio ai sensi di colpa e soprattutto rispondendo colpo su colpo a chi su questo incidente mette in piedi la solita prevedibile e strumentale campagna anti-casta contro il gruppo parlamentare che la meriterebbe meno degli altri. La seconda opzione, che è quella che percorrerebbe un partito che basa le sue azioni sull’inseguimento degli umori della ggente – è quella che ha intrapreso il Pd: ammettere l’incidente, cospargersi il capo di cenere e fare giustizia, promettendo severi provvedimenti. A quel punto, però, le misure devono essere esemplari, draconiane. Se fai pubblica ammissione di colpa e avvii una cosa pomposa, solenne e imbarazzante come un'”istruttoria”, con un’apposita presidenza, un “supplemento d’indagine” e le “audizioni individuali” per poi comminare al massimo un richiamo verbale (della già ridicola multa di 400 euro non si parla più) aggiungi una nuova figuraccia a quella che hai già fatto. Avvitarsi in una cosa sciocca come questo sedicente processo non è destinato a portare niente di buono, in nessun caso. Poi dicono che servono persone di esperienza.