Campo minato
Mentre continua l’offensiva statunitense in Afghanistan, il New York Times racconta della minaccia più grande all’incolumità dei soldati americani e della polizia afgana: le bombe artigianali nascoste in buche scavate sotto il ciglio della strada.
“Gli attacchi esplosivi alle truppe della coalizione non sono mai stati frequenti come quest’anno, e mietono gran parte delle loro vittime tra gli agenti e i soldati della polizia afgana. In un paese dove le strade asfaltate sono pochissime, il rischio di imbattersi in ordigni sepolti è più alto che in Iraq. E anche quando le bombe non colpiscono le truppe, la minaccia della loro presenza restringe e complica gli spostamenti delle forze della coalizione”.
Un grafico mostra l’aumento dei convogli colpiti da ordigni artigianali e come la loro frequenza non sia mai stata alta quanto oggi. Le forze alleate sono corse ai ripari e hanno cominciato a intercettare e colpire le cellule terroristiche che piazzano le bombe. Il responsabile di questi sforzi è il tenente James Brown, la cui testimonianza è raccolta dal quotidiano statunitense: “Non ci interessa prendere chi materialmente scava le buche, spesso si tratta di poveracci che stanno solo tentando di far mangiare le loro famiglie. Siamo alla caccia della rete che li assolda”.
Il New York Times racconta anche la storia di Gul Alam, comandante della polizia afgana, recentemente ucciso in un attentato. Alam era uno degli agenti più determinati nella caccia agli attentatori e il suo contributo si era rivelato fondamentale in più di un’occasione. Una volta tentò addirittura di disinnescare una bomba con le mani. “‘Non era la procedura consigliata dai manuali, ma dimostra la sua iniziativa’, ricorda il tenente Brown. ‘Se non fosse stato così determinato, non sarebbe diventato un bersaglio. Non era mai di cattivo umore: non so come facesse, visto il lavoro che svolgeva’”.