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La partita di Rutelli

Nel complicato rebus della campagna congressuale del Pd, un pezzo piuttosto importante dovrebbe trovare definitivamente la sua collocazione nelle prossime ore. Durante il convegno dei «Liberi democratici» – in corso dal pomeriggio di ieri fino a questa mattina – dovrebbe chiarirsi la posizione in vista del congresso dell’area che fa riferimento al senatore Francesco Rutelli. Il ragionamento ha preso il via dal manifesto pubblicato ieri dal Foglio, che disegna un progetto di riforme strategiche “coraggiose e ambiziose”. La direzione: liberalizzazioni, concorrenza, riduzione della spesa pubblica e delle tasse sul lavoro, promozione della ricerca e dell’innovazione scientifica e tecnologica. Ma quale dei candidati attualmente in campo potrebbe sposare la piattaforma?

In realtà, per motivi diversi, l’area che fa riferimento a Francesco Rutelli interessa sia Franceschini sia Bersani, che però hanno entrambi delle ragioni per starne a qualche distanza. L’attuale segretario del Pd è certamente il più vicino alla piattaforma dei «Liberi democratici» e alla sua idea di riformismo. Inoltre, Franceschini non può che essere interessato a tenere quell’area dalla sua parte, perché un’eventuale candidatura finirebbe per penalizzarlo molto più di quanto farebbe al suo avversario. Non si tratta però di un accordo semplice, e non solo per le ruggini tra Rutelli e i popolari, risalenti ai tempi della Margherita e aggravatesi durante la segreteria di Walter Veltroni. Dario Franceschini sa che la sua eventuale vittoria congressuale non può che passare dal tentativo di intercettare il sostegno di una parte sostanziosa degli ex-Ds ed è quindi complicato che da qui alla fine della campagna congressuale Franceschini sposi una piattaforma che non fa mistero di guardare con interesse al centro e all’Udc. Meno che mai Franceschini potrebbe schierarsi sulle posizioni di chi in queste settimane ha chiesto trasversalmente un percorso condiviso di riforme strutturali, da Pierferdinando Casini a Mario Draghi.

L’altro candidato alla segreteria del Pd, Pierluigi Bersani, pensa apertamente a un partito diverso da quello immaginato da Rutelli, ancorato a sinistra e che somigli più ai vecchi Ds rispetto che al Pd che vorrebbero i Liberi democratici. Anche su quel fronte, però, esistono i margini per dialogare: uno degli sponsor più influenti di Bersani è infatti Enrico Letta, che in questi mesi si è trovato più volte vicino alle posizioni di Rutelli e che non ha mai nascosto di essere favorevole a un’alleanza con l’Udc, come chiave strategica per attrarre il segmento moderato dell’elettorato e liberarsi dall’abbraccio mortale di Antonio Di Pietro.

Accantonata, o così sembra, l’idea di candidare Linda Lanzillotta, e misurata la distanza siderale che li separa dai giovani “piombini” e dalla loro probabile terza candidatura, i Liberi democratici sono in questo momento orientati a sostenere la candidatura di Dario Franceschini, la cui leadership è vista come l’unica in grado di tenere in vita la natura fusionista del Pd, evitando la deriva socialdemocratica che rischia di seguire a una vittoria di Pierluigi Bersani. Si tratterebbe però di un appoggio con le mani libere, che punti apertamente a contaminare il partito con le idee del manifesto e incalzare Franceschini sul fronte delle riforme. Inoltre, nonostante gli imbarazzi che certo non mancheranno nella squadra dell’attuale segretario, difficilmente Francesco Rutelli interromperà la sua opera di persuasione a proposito dell’opportunità di una collaborazione più stretta con l’Udc, come mezzo per la costruzione di un Pd che miri “al cuore, al centro della società”, come recita il manifesto. Un’opportunità di cui Bersani e Franceschini in questo momento preferirebbero non parlare, ma che potrebbe prendere concretezza e tornare d’attualità il giorno dopo l’elezione del prossimo segretario del Partito Democratico. Francesco Rutelli, almeno, lavora per questo.

(per Liberal)