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Nodi che vengono al pettine

Sembra che in Iran stia accadendo quello che molti temevano: il massacro dei manifestanti. Arrivano poche e frammentarie notizie di quel che sta accadendo a Teheran, a causa del black out imposto dal regime alla stampa straniera, ma dalla rete giungono notizie sempre meno confortanti. Il liveblogging di Andrew Sullivan è una terribile e straziante sfilata di video che mostrano cadaveri, ragazzi e ragazze pestate a sangue, di messaggi che parlano di manifestanti storditi dai gas lacrimogeni e strade pattugliate da decine di poliziotti in assetto antisommossa.

La macchina della propaganda del regime, poi, si è messa al lavoro per disinformare e destabilizzare il fronte degli oppositori. Lo ha fatto con l’attentato al mausoleo di Mousavi, che sembra piuttosto farlocco. Lo ha fatto mettendo in bocca a Obama parole che non ha mai detto, che poi sono le stesse parole che la destra americana e i neocon premono da giorni per sentirgli pronunciare. Io ho simpatia per i neocon – non potrebbe essere diversamente, considerata la mia visione della politica estera – ma penso che in questa vicenda abbiano dato il peggio di loro stessi. Si sono inchiodati al giudizio della figura di Mousavi, quando era molto chiaro già prima del voto che quel movimento e le sue istanze andavano oltre il carisma e le posizioni del candidato Mousavi. Un candidato che di certo non è affatto uno stinco di santo, anzi, ma che altrettanto certamente è stato liquidato in modo frettoloso e semplicistico, a giudicare dalle posizioni coraggiose prese in questi giorni. «A questo punto Mousavi o fa cadere la Repubblica islamica, o viene impiccato. Se vince, e la Repubblica islamica viene giù, può darsi che vedremo cambiare il mondo intero». Non lo ha detto un pericoloso amico di Mousavi e del suo passato. Lo ha detto Michael Ledeen, uno dei neocon più aggressivi e “guerrafondai” che si trovino in circolazione, in questo caso l’unico capace fin dall’inizio di sostenere posizioni sensate. Quasi tutti gli altri neocon si sono schierati a fianco della destra americana, sebbene non siano mai stati a questa pienamente sovrapponibili, trovandosi di fatto su una posizione sostanzialmente speculare a quella del regime, seppure con ragioni naturalmente diverse. Innamorati più di sé stessi, della loro coerenza e della pulizia della propria coscienza, piuttosto che della libertà degli iraniani.