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Liberi tutti?

Nessuna delle tre crepe che avevo descritto qui un paio di giorni fa accenna a chiudersi. Anzi. Robert Fisk – inviato dell’Independent a Teheran, uno dei pochissimi giornalisti stranieri rimasti in Iran – ne fa notare oggi un altro aspetto:

Chi vuole una prova dell’indecisione del governo non deve fare altro che dare un’occhiata ai giornali di ieri, a Teheran. All’improvviso, la copertura delle manifestazioni è stata precisa. Le prime pagine riportano le fotografie del comizio di Mousavi di mercoledì pomeriggio. Durante il fine settimana Ahmadinejad aveva detto che i suoi avversari erano solo “strati di polvere” – un’affermazione imprudente e infantile – ma in una delle foto pubblicate, i dimostranti sono visti con un cartello che dice: “Gli strati di polvere stanno facendo la storia”.

Altri giornali hanno mostrato le sei stelle del calcio iraniano con i nastri verdi ai polsi, durante la partita contro la Corea del Sud. Gli articoli rendono conto anche del fatto che tra il primo e il secondo tempo i calciatori sono stati obbligati a togliersi i nastri dei polsi. Persino il sito internet di Mousavi non è più bloccato. Vi chiederete cosa significhi tutto ciò. Se lo chiede anche l’Iran. È chiaro, comunque, che le autorità semplicemente non hanno idea di come gestire questa rivolta senza precedenti.

Poi è arrivato il sermone di Khamenei, che ha – improvvidamente, secondo me – difeso il verdetto delle elezioni e sconfessato apertamente le manifestazioni, ribadendo i divieti. Un nuovo bagno di folla dimostrerebbe definitivamente la noncuranza dei manifestanti rispetto alle sue minacce e sarebbe un colpo notevole, specie per chi ha già dovuto ammettere la presenza di irregolarità in un’elezione che era stata invece un “verdetto divino”. Magari alla fine ne usciranno, in qualche modo, ma di certo saranno molto più deboli, impopolari, compromessi e frammentati di prima.