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Quando i blog battono le tv

Mentre il governo iraniano tenta di impedire ai media tradizionali di fare fotografie e riprese delle proteste a Teheran, e confina i corrispondenti della stampa straniera dentro i loro uffici, i blog e i social network come Twitter o Facebook stanno giocando un ruolo importante nel far circolare informazioni e raccontare quel che sta accadendo in Iran. Uno dei luoghi della rete più seguiti della rete in queste ore è The Daily Dish, il blog di Andrew Sullivan.

Collaboratore dell’Atlantic Monthly e columnist di Internazionale, Sullivan da giorni raccoglie, produce e aggrega un’enorme quantità di dati, documenti, informazioni e analisi. Dagli aggiornamenti su Twitter dei ragazzi iraniani ai video che documentano le violenze della milizia, dai punti di vista degli analisti alle testimonianze dirette di chi si trova in Iran, il flusso di aggiornamenti non si ferma praticamente mai, trasformando il blog in un calderone di voci di cui Sullivan è direttore d’orchestra: “In situazioni come questa la condivisione delle notizie è fondamentale. Mandatemi tutto quello che avete, ci penserò io a sistemarlo, correggerlo, verificarlo e pubblicarlo”.

Il successo del lavoro di blogger come Andrew Sullivan è reso ancora più evidente dalle enormi difficoltà dei tradizionali mezzi di comunicazione, televisioni in testa, nel coprire un evento così complesso. “Di solito le tv via cavo sono in prima linea negli aggiornamenti in tempo reale”, ha scritto il New York Times, “ma stavolta la loro copertura della crisi iraniana è stata molto deficitaria”. Dall’altra parte, però, nella copertura di Sullivan non c’è alcuna pretesa di neutralità o estraneità: “Ogni blogger si ritenga membro onorario della resistenza”.

Questo non implica necessariamente la fine dei mezzi di comunicazione di massa. “Il blog del New York Times sta facendo un lavoro eccezionale, ci sono corrispondenti che stanno rischiando la vita per raccontare quel che sta accadendo. Ma il futuro è una fusione tra la tradizione della tv e dei giornali, e lo stile dei nuovi media, col loro lavoro di aggregazione, selezione e filtro dei contenuti”. C’è una rivoluzione in corso, gli scrive un lettore, “in Iran, ma anche nel mondo del giornalismo”.

(per Internazionale)