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Nuove frontiere della cretinaggine

Ogni tanto qualcuno mi chiede perché non me la prendo abbastanza col centrodestra italiano: un po’ perché preferisco tentare di migliorare quelli della mia parte, un po’ perché quelli a volte si inventano delle cose così surreali che non rimane moltissimo da dire. Prendete questa legge regionale lombarda, cosiddetta «anti-kebab»: impedisce di mangiare sui marciapiedi un trancio di pizza, una brioche, una piadina, un kebab, un gelato, qualsiasi cosa. Avete letto bene. Non solo: impedisce ai locali di vendere bibite non prodotte in casa, quindi scordatevi la Coca Cola. E impone a questi esercizi di chiudere all’una di notte, in una metropoli come Milano.

Davanti a una boiata del genere, cosa si dovrebbe dire? Davvero, dico sul serio. Cosa? L’unica cosa che si può fare è continuare tranquillamente a mangiare liberamente qualsiasi cosa da qualsiasi parte, e provare semmai a denunciare a un pubblico ufficiale il bimbo col gelato in mano, l’impiegato che mangia il kebab in pausa pranzo, lo studente con la pizza, per vedere che succede. Ovviamente li si può – li si deve – anche prendere per il culo, questi campioni mondiali di demenza: mi sembra che Pippo Civati e gli altri ci siano riusciti abbastanza bene, finendo persino sul New York Times.

L’unico effetto positivo della legge «anti-kebab» è che ieri il sottoscritto, dopo aver passato il pomeriggio di ieri a guardare foto di gente che mangia kebab, a cena non è riuscito a trattenersi e si è fiondato a mangiare il miglior kebab mai preso a Roma – altro che Arco di Travertino. E’ un turkish kebab, in viale Giulio Cesare a due passi dalla Feltrinelli. Io ne mangio sempre due, uno dietro l’altro: carne leggera e di ottima qualità, tutto buonissimo. E mentre aspetti ti offrono pure un falafel. Aggiungetelo alla lista.