Il dilettantismo al potere
I candidati non ci sono ancora, i programmi nemmeno, i manifesti e i volantini devono ancora arrivare. Il simbolo però c’è. Forse. Non è ufficiale, infatti, ma nella sezione Materiali del sito internet del Partito Democratico è apparso qualche giorno fa un logo che ha tutta l’aria di essere il simbolo che sarà stampato sulle schede elettorali delle prossime elezioni europee. Il file – scovato da alcuni blogger pochi giorni fa – si chiama infatti logoeuropee e la grafica, poi, è inequivocabile: il tradizionale simbolo del Pd è affiancato da cinque stelle gialle evidentemente ispirate alla bandiera comunitaria, ma che danno all’insieme un vago sapore cinese, forse per la dislocazione laterale e l’assenza dello sfondo blu. Inoltre, in basso si trova una scritta che ha tutta l’aria di essere lo slogan del partito per la competizione elettorale: «Europei, da sempre». Lo slogan, quello sì, è bianco su sfondo blu, in un accostamento cromatico che sembra fare un po’ a pugni col tricolore del logo tradizionale.
Memori delle ultime peripezie grafiche del centrosinistra – dai tenebrosi manifesti di Prodi sulla «serietà al governo» a quelli ondivaghi e apocalittici del Pd degli ultimi mesi – bisognerebbe probabilmente aprire qui un discorso sulla storica reticenza del centrosinistra italiano ad affidare le proprie strategie comunicative a professionisti, a persone che abbiano studiato i perché dell’efficacia di questo o quello slogan, le ragioni per cui preferire un determinato messaggio piuttosto che un altro. Non ce n’è il tempo né lo spazio, ma si tratta di una battaglia necessaria: la storia della sinistra italiana è tappezzata di ragazzi di buona volontà passati in un baleno dalla distribuzione dei volantini alla loro ideazione e costruzione, come se le due azioni avessero tra loro una qualche correlazione, come se essere capaci di consegnare a domicilio una buona torta desse automaticamente la capacità e il talento per prepararla, per scegliere gli ingredienti, per regolare il tempo di cottura. Lo so, lo so, già vi sento: la comunicazione non è tutto, servono programmi chiari, serve credibilità, serietà, buoni candidati, eccetera. Lo so, certo che lo so. So pure che la condizione necessaria perché il lavoro di comunicazione sia efficace è la qualità del prodotto da comunicare. Ma la comunicazione serve, e basta: anche il miglior candidato del miglior partito ha bisogno di una qualche strategia per far arrivare il suo messaggio alle persone cui chiede il voto. E poi: non siamo noi che ci lamentiamo ogni due per tre dell’inedita posizione di vantaggio del premier grazie alle sue televisioni? E come pensiamo di reagire a questo strapotere comunicativo, se non rivolgendoci a persone che non siano dei comunicatori improvvisati ma sappiano il fatto loro? La verità è che nessun partito può esimersi dal comunicare le proprie idee e i propri progetti agli elettori, e quindi qualsiasi retaggio ideologico andrebbe messo da parte: per comunicare bene, bisogna affidarsi a professionisti che sappiano quello che fanno.
Ora, non sappiamo se questo simbolo apparso tra le pagine del sito del Partito Democratico sarà poi veramente il simbolo del partito alle elezioni europee. Quello che sappiamo è che sembrerebbe esserlo, e si tratta di un simbolo piuttosto anonimo con uno slogan debole e banale. Sarebbe ingiusto e ingeneroso pretendere che la segreteria del partito si occupi anche di questo: Franceschini e i dirigenti del Pd si dedichino a tempo pieno alla definizione del profilo politico del partito, alla scelta di candidati giovani e in gamba, all’elaborazione di un programma agile e moderno. Durante una pausa però alzino il telefono e chiedano a qualcuno di elaborare una strategia comunicativa efficace e organica: lo chiedano a dei professionisti. Che questo sia o no il simbolo del Pd per le europee, di certo c’è tutto il tempo di migliorarlo.