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Eppur si muove

La notizia è una, ed è buona: il Partito Democratico sta tentando timidamente di dettare l’agenda dei temi in discussione. Lo fa piano piano, lo fa poco e lo fa ancora male, ma lo fa: non possiamo non esserne contenti. Dopo mesi passati a lasciare che Berlusconi facesse il bello e il cattivo tempo, mentre il paese invece che dibattere sul suo operato si soffermava sulla qualità dell’opposizione del Pd – troppo oltranzista, troppo dialogante, troppo tollerante, troppo poco populista, eccetera – c’è di nuovo che il Pd ha deciso di cominciare a farla, questa benedetta opposizione. Non che fosse così complicato. Come abbiamo visto, è sufficiente fare al governo delle richieste e delle proposte, sulla base di due criteri fondamentali: l’urgenza del settore a cui si riferiscono e l’eterogeneità di pensiero in materia dentro la maggioranza di governo.

In principio fu l’assegno di disoccupazione, cioè la richiesta di un sussidio pari al 60% dell’ultima retribuzione per tutte le persone che perdono il lavoro e non hanno diritto ad altri sussidi o all’istituto della cassa integrazione. Poi, ieri, la proposta di una tassa una tantum sui redditi alti per finanziare misure di sostegno ai redditi più bassi. Nonostante l’inconsistenza, la vaghezza e la demagogia delle due proposte, l’obiettivo è stato raggiunto: tg e giornali hanno dedicato ampio spazio alle proposte del Pd e il centrodestra ha scricchiolato un po’, approfittando anche del fatto che le elezioni si avvicinano e la Lega ha come sempre un particolare interesse a smarcarsi dal Pdl e fare il cane sciolto. Ora che abbiamo capito come si fa, però, non sarebbe male aggiungere un po’ di senno e competenza: le proposte serie ed efficaci sono quelle che incidono di più e fanno più male.

Questa maggioranza di governo è compatta ma niente affatto sprovvista di contraddizioni e nodi irrisolti. C’è lo statalismo di Alleanza Nazionale e il liberismo di certa parte di Forza Italia, c’è la laicità di un pezzo di Forza Italia e il clericalismo degli ex-democristiani, c’è la spinta separatista della Lega e il centralismo di An. Cosa sarebbe successo a novembre se invece di accodarsi scioccamente alle manifestazioni dell’Onda, il Pd avesse incalzato il ministro Gelmini sul fronte del merito e dell’efficienza, nell’ambito della riforma della scuola? Cosa sarebbe successo quest’inverno se invece di perdere ore e ore ad arrovellarsi attorno al caso Villari si fosse proposta una riforma organica del sistema radiotelevisivo che togliesse la Rai dalla morsa dei partiti? Cosa succederebbe all’allucinante ddl Calabrò sul testamento biologico se il Pd facesse della proposta Marino la sua linea? Cosa aspetta il Pd a proporre al governo una serie di misure cosiddette “anti-casta”, che taglino ai parlamentari alcuni dei loro enormi privilegi? Il Partito Democratico ha la necessità di muoversi in modo organizzato e pianificato: non può fare opposizione basandosi sulla sparata del giorno, per quanto la strategia della sparata del giorno sia sempre meglio del non far nulla dei mesi scorsi. Razionalizzare gli sforzi. Evitare di svolgere sui giornali il solito interminabile dibattito interno sulle alleanze, su chi fa il kingmaker di chi, sulla lotta di posizione in vista del congresso. Scegliere tre o quattro temi e impostare battaglie di medio-lungo periodo. Fare sì che queste battaglie siano supportate da serie ed efficaci campagne di comunicazione, pensate e preparate da professionisti e non da funzionari di partito sedicenti tali perché autori di tre o quattro volantini. Il tutto evitando di continuare con la demagogia: perché alla lunga regala più danni che benefici e perché sarebbe – semplicemente – una scelta sbagliata.

I dati dell’ultima settimana sulle intenzioni di voto dei cittadini parlano di un Pd in leggera risalita, oggi intorno al 24-25%. Sarebbe un dato disastroso, e il solo fatto che oggi lo si guardi con rinnovata speranza la dice lunga sugli abissi in cui era finito il più grande partito di opposizione di questo paese. I segnali di vita del Pd di Franceschini stanno smuovendo un po’ il blocco degli elettori delusi e la sensazione è che spendendo bene i mesi che ci separano dalle elezioni europee esista la possibilità di recuperare ancora tre o quattro punti. Basta che non ci si accontenti del pochissimo fatto finora, e si cerchi di fare di più, e meglio.

(per Giornalettismo)