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Il giornale di domani

Chicago Tribune, Los Angeles Times, Miami Herald, Detroit News, Boston Globe, San Francisco Chronicle, New York Daily News. Questo è l’elenco – un elenco sommario e ridotto – dei giornali americani che rischiano a breve di chiudere i battenti o spostare il loro lavoro interamente online. New York Sun e Rocky Mountain News, centocinquant’anni di storia e quattro premi Pulitzer, hanno già interrotto le pubblicazioni; il New York Times, testata da un milione di copie, soffre una raccolta pubblicitaria che sprofonda e le copie vendute che diminuiscono, tanto che negli scorsi mesi la proprietà è stata costretta a ipotecare lo splendido grattacielo di Renzo Piano che fa da sede al giornale. Nonostante questa fase di drammatica contrazione del mercato dell’informazione, però, qualcuno sorride.

Lei si chiama Arianna Huffington e il suo giornale, l’Huffington Post, nello scorso novembre ha raccolto donazioni e finanziamenti per oltre 15 milioni di dollari. Le precedenti raccolte di fondi avevano fruttato in totale oltre 30 milioni di dollari, il tutto senza contare i guadagni provenienti dalla pubblicità, che continuano a crescere inesorabilmente. La stessa cosa vale per i lettori, aumentati del 400% nell’ultimo anno. Insomma, quello che si dice un’impresa editoriale solida e in salute. C’è un solo, piccolo dettaglio: l’Huffington Post è un giornale online.

Aperto il 9 maggio 2005, l’Huffington Post è oggi uno dei siti internet più letti e influenti d’America, grazie a un mix particolarmente riuscito di notizie in tempo reale, analisi e opinioni vivaci, buona scrittura e uno stile fresco e calibrato sui tempi e i gusti della rete. Un anno fa l’Observer lo incoronò «blog più potente del mondo», la sua direttrice e co-fondatrice si trova stabilmente nelle classifiche delle personalità più influenti del globo, la redazione conta 40 giornalisti più un gruppo di collaboratori fissi del calibro di Mia Farrow, Michael Moore e Alec Baldwin: insomma, un gigante indiscusso nel mondo dell’editoria statunitense e mondiale.

Intervenendo mercoledì mattina a Roma durante il summit sull’informazione e la comunicazione organizzato dall’Upa (Unione Pubblicità Associati), Arianna Huffington ha avuto modo di dire la sua riguardo la crisi che sta attraversando globalmente il mondo dell’informazione tradizionale. Lo ha fatto chiarendo subito uno dei nodi centrali della vicenda, quello della presunta rivalità tra media tradizionali e informazione online. «Non c’è alcuna opposizione, in questo la situazione degli Stati Uniti è simile a quella europea. Qui è solo un po’ più lenta. Tutto dipende dalla tecnologia: in Italia il cambiamento subirà un’accelerazione grazie alla diffusione della banda larga». Inoltre, suggerisce la Huffington, bisognerebbe chiedersi quale sia il senso di riempire ogni giorno innumerevoli e costosissimi fogli di carta per raccontare notizie già vecchie, perché i lettori le hanno già lette il giorno prima. Il giornalismo online porterà alla morte della carta stampata? «No, secondo me il giornalismo su carta non scomparirà del tutto. Serve per l’approfondimento, è comodo e regala anche una sensazione romantica, perchè tattile, di leggere il giornale. È chiaro però: le notizie sono online. Ecco perchè la tecnologia è così importante per l’informazione». I giornali dovranno cambiare, quindi, se vorranno sopravvivere alla crisi che sta attraversando il mercato, e parte di questo cambiamento coinvolge naturalmente la gestione dei costi e il reperimento dei fondi necessari a portare avanti un’impresa editoriale. «Sponsorizzare testate online o blog come il mio – ha spiegato la Huffington – ha costi inferiori rispetto alla carta stampata. All’Huffington Post, per esempio, in questo periodo abbiamo la pubblicità della Toyota. In questo momento di crisi il settore online rappresenta un’enorme possibilità per le imprese che vogliono continuare a presidiare il mercato».

La storia di Arianna Huffington non è un fenomeno isolato. Negli Stati Uniti esistono diversi altri siti di news che non sono stati sfiorati dalla crisi e che hanno conosciuto negli ultimi due-tre anni percentuali di crescita e guadagni senza precedenti. I quotidiani tradizionali hanno due strade davanti. Una è il cambiamento: cambiare i termini e le strategie della propria presenza online, riflettere la struttura obsoleta della loro informazione cartacea, farsi venire delle idee nuove, investire in innovazione tecnologica. Le crisi economiche non sono come i temporali, che arrivano e vanno via senza che ci tocchi far nulla. L’alternativa all’innovazione è trattenere il respiro, tirare la cinghia e aspettare che la crisi passi. Di fatto, si tratta di una condanna a morte: senza un cambiamento coraggioso e tempestivo, quel giorno sarà troppo tardi.

(per l’Unità)