Dove si vota a marzo
Marzo è il mese delle elezioni bizzarre: isole, isolette, dittature, protettorati, stati appena nati, stati sconosciuti e stati non riconosciuti. Ce n’è per tutti i gusti.
L’8 marzo si vota in Corea del Nord, ma chiamarle elezioni è sicuramente improprio. Si doveva votare lo scorso agosto ma tutto fu rimandato senza dare troppe spiegazioni – molti pensano in seguito alle cattive condizioni di salute (sempre se è ancora vivo) di Kim Jong-il. Il voto riguarda il rinnovo della Suprema Assemblea del Popolo: i candidati appartengono tutti allo stesso partito e ogni collegio vede la candidatura di una sola persona. I sondaggi non si sbilanciano, per ora.
Due giorni dopo, il 10 marzo, si vota per il rinnovo del parlamento degli Stati Federati della Micronesia*. Quattordici seggi, nessun partito: in Micronesia non esistono, quindi ci sono solo candidati indipendenti. Funziona così: quattro di questi quattordici vengono eletti uno per ogni stato e restano in carica quattro anni, gli altri dieci rappresentano dei singoli distretti basati sulla distribuzione della popolazione, e restano in carica due anni. Il presidente e il vicepresidente sono eletti dal parlamento tra i quattro senatori anziani.
Il 12 marzo si rinnova il parlamento in Antigua e Barbuda. Le elezioni sono da sempre stravinte dai partiti dell’isola di Antigua, anche perché Barbuda ha una popolazione di poco più di un migliaio di persone, mentre la prima conta quasi 70.000 abitanti. Nel 2004 lo United Progressive Party e l’Antigua Labour Party si spartirono tutti i seggi meno uno, e lì successe una cosa singolare perché dietro i due partiti vincitori si trovavano i due partiti di Barbuda che avevano ottenuto lo stesso identico numero di voti: 400. Si tenne un ballottaggio e il candidato del Barbuda People’s Movement sconfisse sul filo di lana il candidato del Barbuda People’s Movement for Change.
Il 15 marzo, elezioni presidenziali in Salvador: probabilmente il turno elettorale più interessante del mese. Ne avevamo già parlato in occasione delle elezioni parlamentari di gennaio (qui e qui): Mauricio Funes, candidato della sinistra, è in lieve vantaggio nei sondaggi e potrebbe portare al governo per la prima volta dopo diciassette anni le forze che si erano opposte alla dittatura.
L’Azerbaijan come il Venezuela. Il 18 marzo infatti un referendum chiamerà la popolazione a esprimersi sull’abolizione al limite di due mandati per i presidenti, in un paese in cui l’opposizione e le associazioni umanitarie lamentano da tempo le pressioni a cui è sottoposta la stampa e i non allineati alla linea del governo.
Il 21 marzo, invece, primo turno di elezioni presidenziali in Slovacchia. L’attuale presidente, Ivan Gašparovi?, sembra in buona posizione per essere rieletto. Si tratta del caso più unico che raro di presidente espressione di un partito che conta più o meno lo 0,6% dei voti, stando ai risultati delle ultime elezioni parlamentari. Gašparovi? ha però il supporto di Direction, partito socialdemocratico vincitore delle ultime elezioni. Lo sfidano sei candidati, l’avversaria più credibile è una donna del partito democristiano: Iveta Radi?ová. Come dicevo, si tratta di un primo turno: se nessun candidato avrà la maggioranza assoluta, sarà necessario un secondo turno. Ma la maggioranza assoluta di cosa? Dei voti di chi si è recato alle urne o dell’intero corpo elettorale? La costituzione slovacca non è chiara e proprio nei giorni scorsi la commissione elettorale si è riunita per sciogliere il dubbio: serve la maggioranza assoluta del corpo elettorale.
Il 22 marzo si vota in Macedonia. Il presidente uscente Branko Crvenkovski, socialdemocratico, ha rinunciato a ricandidarsi, aprendo così la strada a una probabile vittoria di Gjorgje Ivanov, candidato dei conservatori già vincitori delle ultime elezioni parlamentari. I socialdemocratici candidano Ljubomir Danailov Frckoski, già ministro degli interni e poi degli esteri negli anni Novanta. Serve un’affluenza minima per rendere valida l’elezione: l’asticella era fissata al 50% degli aventi diritto al voto ma entrambi i maggiori partiti hanno concordato sulla necessità di abbassare la soglia al 40%.
Il 29 marzo tocca alle presidenziali in Somaliland. Cos’è il Somaliland? Il Somaliland è la ex-Somalia inglese: uno staterello ancora non riconosciuto internazionalmente (ma che intrattiene relazioni diplomatiche con diverse nazioni europee) che comprende alcune regioni autonomiste del nord della Somalia. La data delle elezioni è stata a lungo incerta a causa dell’instabilità della regione. L’attuale presidente Dahir Riyale dovrebbe essere rieletto.
Il 29 marzo vota anche il Montenegro, per le sue seconde elezioni parlamentari dalla separazione con la Serbia del 2006. Queste elezioni sono già da ora un bel casino, e chissà cosa succederà poi: intanto sappiamo che non ci sono ancora gli elenchi degli aventi diritto al voto, che non si conosce il numero preciso dei parlamentari che saranno eletti e che i rappresentanti delle minoranze hanno dichiarato il voto illegale, in quanto contraddirebbe i loro diritti garantiti dalla costituzione.
Sempre il 29 marzo votano anche le Mayotte, isole al largo del Madagascar che formano una «collettività d’oltremare» sotto la sovranità francese. Con questo referendum gli abitanti delle isole decideranno se diventare un «dipartimento d’oltremare», diventando così a tutti gli effetti una regione della repubblica, come la Guadalupa o la Guyana francese.
*
SAM – «Found one?»
TOBY – «Yeah»
SAM – «What?»
TOBY – «Ambassador to the Federated States of Micronesia»
SAM – «Is that a real country?»
TOBY – «Yup»
SAM – «The Federated States of Micronesia?»
TOBY – «Yes»
SAM – «‘Cause it sounds like a place the Marx brothers would…»
TOBY – «Real country»