Per una volta che
E’ stato l’argomento del giorno: l’annuncio del governo di una possibile stretta nelle regole sugli scioperi nei trasporti pubblici ha scatenato una ridda di reazioni, la più simpatica delle quali è stata quella di Guglielmo Epifani, leader della Cgil: “Il governo stia attento“, ha dichiarato bellicosamente per rimanere nella parte del duro disposto a tutto. Salvo poi aggiungere “Se c’è qualcosa da aggiustare rispetto a una normativa già rigida eventualmente lo si può vedere. Ma se si vogliono introdurre forzature che limitano poteri e prerogative è altra questione“, quasi a fare marcia indietro. Il motivo della prudenza di Epifani è che il sindacalista sa benissimo che in questa occasione il governo ha ragione da vendere: il provvedimento infatti riguarda soltanto i trasporti pubblici, e non tutti i settori; e se ne capisce perfettamente il perché: quando sciopera un’azienda metalmeccanica, i lavoratori si astengono dal lavoro a detrimento del profitto dell’imprenditore, che quindi riceve un danno diretto da quanto accade. Nel caso dei trasporti pubblici, chi sciopera crea danno ai cittadini, mentre quello a carico delle aziende in alcuni casi è risibile (basti pensare ad autobus e metro: l’azienda risparmia sul costo del personale ma non incassa i soldi spesi per acquistare i biglietti; non ci vuole tanto a capire chi si avvantaggia di più). L’idea dello sciopero “virtuale” in effetti fa abbastanza ridere di per sé, ma nel Ddl c’è scritto che si può mettere in atto solo in presenza della “concreta impossibilità di erogare il servizio principale ed essenziale”.
Anche il fatto che “per proclamare uno sciopero nel settore dei trasporti sarà inoltre necessario un referendum consultivo preventivo obbligatorio, a meno che non si tratti di proclamazioni da parte di sindacati che hanno più del 50% di rappresentatività” è ragionevole. Anche se si vede chiaramente che è una norma che avvantaggia i sindacati maggiori rispetto ai minori, la Commissione di Garanzia sugli scioperi ricorda che sono arrivate nel 2008 ben 2195 proclamazioni di astensione dal lavoro, ma di queste ne sono poi state effettuate soltanto 1339. Il perché è presto detto: in alcuni settori, come quello dei trasporti aereo e ferroviario, basta proclamare uno sciopero affinché i viaggiatori decidano di cambiare o giorno o mezzo, creando così danno all’azienda; poi, lo sciopero di solito viene revocato 24 ore prima così gli aderenti non ricevono alcun danno, ma i viaggiatori sì. Invece, con il referendum sarà possibile rendere pubbliche prima le cifre di chi aderirà allo sciopero (quantomeno, grossolanamente), in modo da ammortizzare gli effetti deleteri nei confronti del pubblico. Senza contare l’”Aquila Selvaggia” con cui i sindacati autonomi – all’epoca legati alla Lega o ad AN – facevano rimanere intere giornate in attesa i passeggeri negli aeroporti. Insomma, il Ddl sembra piuttosto ragionevole, e persino Epifani, tra le righe, pare essere piuttosto d’accordo. Non si capisce che cosa ci sia da urlare all’emergenza democratica.