Ten more years?
“Me consumo y me consumiré gustosamente al servicio del hombre sufriente, de la mujer sufriente, del pueblo sufriente. Me consagro íntegramente al pleno servicio del pueblo. Todo lo que me queda de vida. Así lo juro, delante del pueblo, de mis hijas, de mis nietos. A menos que el pueblo decida lo contrario, este soldado será el candidato a las elecciones de 2012 para dirigir al país entre 2013 y 2019”
Con la consueta sobrietà, Hugo Chávez ha annunciato la vittoria al referendum di ieri sulla possibilità di rielezione infinita di chi occupa cariche istituzionali monocratiche, con particolare riferimento a sé stesso. Stavolta gli è riuscito il colpo che era fallito l’anno scorso: affluenza al 67%, un milione di voti separa i sì dai no – il 45,6% dei votanti ha detto no, il 54,3% ha detto sì. Secondo gli osservatori internazionali, il voto è stato «free and fair». Questa vittoria consente a Chávez di rilanciare la sua immagine e rimanere in sella al governo potenzialmente all’infinito: riuscisse davvero ad arrivare al 2019, sarebbe un ventennio. Ma non sarà semplicissimo: la crisi economica continua a far danni alle esportazioni petrolifere – principale fonte di ricchezza del paese – e l’inflazione cresce ormai intorno al 30% ogni anno, la più alta di tutto il sudamerica. Il paese, poi, continua a essere diviso: se i ceti più bassi continuano a sostenerlo, gli studenti e i ceti borghesi sono sempre più fermi nell’opporsi al suo governo. Un equilibrio tra disagio e consenso che potrebbe entrare però in corto circuito, qualora gli effetti della crisi economica aggravassero ulteriormente la situazione.