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Il suono del silenzio

Al netto delle ipocrisie e delle debolezze da cui possono sorgere questo tipo di posizioni, io capisco la decisione di La7 di non interrompere la copertura giornalistica della vicenda di Eluana Englaro, così come capisco i tanti che in questi giorni – anche nel giornalismo, anche nella politica: non solo – hanno chiesto silenzio. Le capisco, specie quante di queste sono frutto di un’esasperazione che è anche la mia.

Per quanto possa capirle, però, mi sembra che l’unica richiesta di silenzio che abbia un qualche senso è quella della famiglia Englaro. La richiesta di silenzio ai e dai media è inopportuna: un po’ perché comunque è destinata a subire deroghe su deroghe, un po’ perché è si tratta di abdicare alla missione del mondo dell’informazione, che è appunto raccontare alle persone quel che accade di importante. Altrettanto inopportuna è la richiesta di silenzio dalla e alla politica, visto che è proprio grazie all’inedia di chi ha governato questo paese che oggi i destini di una famiglia sono appesi agli umori e agli impegni dei parlamentari, lungo la prossima settimana.

Però, dicevo: capisco le richieste di silenzio. Le capisco anche perché mi sembra che spesso accanto a queste ci sia un’altra richiesta, ben più sensata e motivata. La richiesta di sobrietà, di buon senso: la richiesta, almeno per questa volta, di non dire scemenze. La richiesta di non fare del corpo di Eluana il campo di battaglia per le solite schermaglie violente e pretestuose, per la guerra dei comunicati stampa, per le dichiarazioni surreali, così come si farebbe per un bonus fiscale o per lo sbarramento al 4%. Si tratta di una richiesta che è inaudito anche il solo dover porre, ed è ancora più terribile il suo rimanere inascoltata. Parliamone, parlatene, ci mancherebbe altro: io per primo sono pieno di dubbi e interessato ad ascoltare le opinioni di tutti. Risparmiateci il mercato però, per favore. Almeno per questa volta.