Le alleanze strabiche del Pd
A fare l’elenco delle grane con cui ha avuto a che fare il Pd negli ultimi mesi si rischierebbe di non finire mai. La notizia di questa settimana, però, è che finalmente la dirigenza dei democratici si è decisa a sbrogliare uno dei nodi che più degli altri ha causato danni e inciampi vari. La questione è quella delle alleanze, punto su cui il Pd ha avuto posizioni ondivaghe: le alleanze di nuovo conio e la vocazione maggioritaria di Veltroni, il proposito – poi disatteso – dell’andare da soli e le varie ritrattazioni che sono seguite alla sconfitta elettorale. Ora però il Pd ha deciso di affrontare di petto il problema: un’alleanza cattiva e inopportuna ha rappresentato infatti per i democratici un sostanziale autogol, un tradimento ai propri principi e un errore le cui conseguenze si sentono e si faranno ancora sentire. E’ ora – quindi – di chiudere definitivamente questo capitolo e dichiarare chiusa un’alleanza che non doveva mai essere siglata. Si parla dell’alleanza con Antonio Di Pietro? No: si parla dei radicali.
I radicali stipularono un accordo col Pd alla vigilia delle scorse elezioni politiche, trattando sul numero di membri eleggibili nelle liste e sui rimborsi elettorali: oggi la delegazione radicale in parlamento conta tre senatori e sei deputati, tutti appartenenti al gruppo parlamentare del Pd ma tutti con una notevole autonomia di movimento – i radicali «fanno eccezione», per dirla come il Veltroni di qualche tempo fa. L’autonomia dei radicali però ha creato nel corso dei mesi qualche malumore, e i nodi sono venuti al pettine in occasione della discussione sulla riforma della legge elettorale per le elezioni europee. I parlamentari radicali infatti sostengono che tale riforma sia «la solita legge italiota», «motivata partiticamente» e che «nessun paese europeo cambia la legge elettorale a febbraio». Conclusione: «In Italia lo stato di diritto gode di pessima salute». Apriti cielo!
Il più arrabbiato di tutti è Antonello Giacomelli, deputato del Pd, popolare, caposegreteria di Dario Franceschini: «I bipartitisti americaneggianti del nostro Parlamento, i radicali, svolgono una patetica azione ostruzionistica sull’introduzione dello sbarramento del 4%». E poi: «Penso che il Pd abbia già commesso un errore alle elezioni politiche, che peraltro abbiamo pagato e stiamo ancora pagando. Spero che nessuno né Bettini né altro pensi di ripeterlo, altrimenti stavolta potrebbe essere, per il Pd, un errore mortale». Esultano rutelliani e teodem, ma non mancano le opinioni di diverso tenore, specie considerata la parte restante della polemica, che riguarda la presunta promessa fatta da Goffredo Bettini ai radicali alla vigilia delle elezioni politiche: «Pannella lo eleggiamo alle europee con 200mila preferenze». Bettini dice di non ricordarsi nulla, Giachetti e Realacci lo incalzano: «Pacta sunt servanda. Se questo è quello che è stato detto a Pannella da Bettini e da Veltroni all’epoca, questo va ripreso in considerazione». E’ il solito casino, insomma: i radicali rivendicano diritto di tribuna e autonomia di manovra, il Pd si chiede se è possibile ospitare nelle proprie liste persone che definiscono l’operato del partito come quello di «ladri di democrazia e moralità».
Eppure non devono essere le offese dei radicali, il punto nodale, se è vero che lo stesso Goffredo Bettini in queste stesse ore ha proposto pubblicamente alla Sinistra Democratica di Claudio Fava il diritto di tribuna nelle liste del Pd. No, non è un omonimo: parliamo dello stesso Claudio Fava per cui l’altro ieri il Pd aveva «barattato la lotta alla mafia pur di trovare un compromesso sulla legge elettorale». Fava ovviamente ha rispedito l’offerta al mittente senza troppi giri di parole, per cui il Pd è ritornato al punto di partenza. Con quali alleanze si presenterà alle elezioni europee? In che modo i tanti partiti che lo circondano – dall’Italia dei Valori alla sinistra radicale – si gioveranno della sua crisi verticale? E soprattutto: considerato il vuoto semi-assoluto della proposta politica del Pd e gli innumerevoli errori commessi nel corso di questi mesi, è veramente una buona idea mettere alla porta la delegazione di parlamentari più dinamica, moderna e ragionevole che si ha tra le proprie file, solo perché ha la colpa di dire la verità e non conoscere la disciplina di partito? Veltroni e Bettini farebbero bene a farci un pensiero.