Buone notizie
Concluso il mese di gennaio, possiamo dire che elezioni più significative – anche e soprattutto per il loro valore simbolico – sono state quelle che si sono svolte in Iraq, dove si sono rinnovati i collegi provinciali. I risultati saranno noti solo tra qualche giorno, ma qualcosa possiamo già dirla oggi. L’affluenza si è mantenuta sui livelli delle ultime elezioni provinciali (era il 2005), superando il 50%. Il dato è ottimo, al livello di diverse nazioni europee in cui andare a votare non comporta blindare una nazione e rischiare la vita (anche se quest’anno ci sono stati pochissimi incidenti), ma nasconde luci e ombre: la buona notizia è che l’affluenza è salita molto nelle zone in cui Al Qaeda è più forte, grazie anche al fatto che stavolta i sunniti non hanno boicottato il voto e hanno partecipato sia attivamente che passivamente (altra buona notizia). La cattiva notizia è che in altre zone c’è stata una depressione dell’affluenza, soprattutto a causa di un sistema elettorale particolarmente confuso e del numero enorme di candidati: pensate che si contendevano i seggi oltre 400 partiti, e il 75% di questi era di nuova formazione.
Dei risultati parleremo più avanti, come abbiamo detto, ma qualcosa la sappiamo già: sappiamo che hanno avuto una buona affermazione i partiti grandi, laici, vicini al premier Al Maliki, mentre sono andati male i partiti confessionali islamici, che chiedevano un governo centrale più debole e una maggiore vicinanza con l’Iran. In fin dei conti, però, la cosa più bella di tutte è che in un paese in cui dieci anni fa le persone venivano gasate a decine di migliaia e qualsiasi forma di dissenso era repressa nel sangue, oggi parliamo di affluenza, partiti, sistemi elettorali, scrutini. Comunque la pensiate sull’opportunità di fare quella guerra e del modo in cui è stata condotta, questa è inequivocabilmente una cosa fantastica.