La tassa sui negri
Volessimo eccedere nelle semplificazioni, potremmo dire che la tassa sul permesso di soggiorno di cui si discute potrebbe chiamarsi in modo ben più veritiero ed efficace: tassa sui negri. Volessimo invece fare i precisini, potremmo dire che la sola idea che in questa fase di crisi economica si introducano dei disincentivi per chi viene in Italia con un contratto di lavoro a creare produzione e ricchezza sia indiscutibilmente scema, prima ancora che ingiusta e sbagliata.
In realtà il problema non è dato dalla tassa in sé, bensì da quanto di razzista e di punitivo c’è nel detto (e soprattutto nel non-detto) della Lega e di quella buona parte dell’elettorato che chiede e accoglie con favore e un pizzico di rancore provvedimenti di questo tenore. Mi sono stupito davvero poco, purtroppo, nel sentire oggi un paio di persone sedicenti di sinistra dichiararsi d’accordo con quel provvedimento, perché così “riparano un po’ alle spese dello stato per combattere l’immigrazione clandestina” o perché “quelli lì non pagano nessuna tassa, almeno sono obbligati a pagarne una”, dimentichi che chi chiede un permesso di soggiorno deve avere un contratto di lavoro, quindi le tasse le paga di certo, cosa che non si può dire di tanti regolarissimi italiani. Niente di nuovo, eh, la solita pseudo-sinistra: solo che è veramente sconfortante vedere il punto in cui siamo, anche dalla nostra parte (e salto a piè pari il punto sulle responsabilità sconfinate delle classi dirigenti che hanno inseguito la destra sul terreno delle pagliacciate, vedi alla voce ronde democratiche).
Scremato il dibattito dalle posizioni più o meno apertamente razziste, il problema dei permessi di soggiorno in Italia non è la presenza o no di un balzello, che esiste già senza scandalo in altri paesi. Il problema è l’opportunità di inserire nuove tasse in una fase economica in cui mezzo mondo fa l’esatto opposto, ma soprattutto il sistema inefficente e inutilmente vessatorio con cui i permessi di soggiorno vengono erogati ai cittadini extra-comunitari. Il problema è il fatto che oggi i permessi di soggiorno vengano rilasciati mesi e mesi dopo che si sia presentata la documentazione necessaria, e durante quel lunghissimo intervallo gli immigrati siano costretti a non uscire dal paese, anche se dovessero farlo per lavoro o per motivi familiari (ma sarebbe ugualmente vessatorio se volessero andare in vacanza). A causa di questi enormi ritardi, poi, capita sovente che vengano consegnati permessi di soggiorno già scaduti o destinati a scadere entro poche settimane. Un governo serio si dedicherebbe a sciogliere questi nodi, piuttosto che a elaborare manovre punitive soddisfando l’ignoranza rancorosa di chi, orgogliosamente italiano, meriterebbe di stare in un paese civile e democratico meno di tanti altri.