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Svolte

Abbiamo deciso di realizzare un’inchiesta sugli errori giudiziari ben consapevoli del rischio che essa venga presa a pretesto per collocarci in qualche casella della scacchiera dove, nei palazzi della politica, si gioca la stucchevole partita tra “giustizialisti” e “garantisti”. Appena ieri un quotidiano scriveva che la riforma della giustizia «è più urgente dopo l’ennesimo nulla di fatto di Potenza». Nell’inchiesta di Marco Bucciantini, troverete fatti e storie (di cittadini qualunque) che avrebbero dovuto far rilevare la medesima urgenza molti anni fa. Abbiamo deciso di correre il rischio perché crediamo che la partita vera sia quella, antica, della difesa dei diritti fondamentali della persona. E che si debba tornare a giocarla in campo aperto. Non nell’ambito angusto dove ha cominciato a essere relegata con la fine di Tangentopoli e la discesa in campo di Berlusconi. Fino alla situazione attuale: il termine garantismo – troppe volte piegato alla tutela di interessi privati – in vaste aree della sinistra è guardato con sospetto. Una perdita di significato che, tra i tanti danni collaterali, ha anche causato quello dell’identificazione della responsabilità morale con quella penale. Noi crediamo che tornare a giocare in campo aperto sia l’unica strada per rompere le sbarre. Crediamo che sia possibile denunciare le disfunzioni della giustizia – per migliorare le garanzie dei cittadini, di tutti i cittadini – e rispettare pienamente l’autonomia della magistratura. Crediamo che sia doveroso distinguere, tra gli errori dei giudici, quelli commessi per incapacità da quelli determinati da condizioni di lavoro sempre più difficili. Condizioni, tra l’altro, perpetuate proprio dai teorici del garantismo peloso. Vogliamo riprenderci il garantismo. Per evitare che un avviso di garanzia determini automaticamente un giudizio di indegnità morale. Ma anche per non perpetuare il rischio opposto: che un’assoluzione (o, peggio, una prescrizione) rendano accettabili comportamenti indegni.

Così il Filo rosso dell’Unità di oggi, nell’editoriale firmato dal vicedirettore Giovanni Maria Bellu. Le cose cambiano, a poco a poco: bravi.