Quo vadis
Non che fosse complicato immaginarlo, ma nel Pd hanno ricominciato a litigare sulla questione della collocazione europea del partito. La questione non è nuova, ma ci dimostra per l’ennesima volta quanto nel Pd ci sia una particolare attenzione nello scegliere il momento migliore per affrontare una discussione: si tenterà di sciogliere la questione in piena campagna elettorale, così che tutti i candidati in cerca di preferenze avranno la loro da dire e nessuno sarà disposto a cedere di un millimetro. Senza contare il messaggio di chiarezza e decisione che si fa avere agli elettori, ché si sa che di quelle cose non ci si preoccupa più da un pezzo.
HO VISTO COSE – La questione si trascina da prima che i congressi dell’aprile 2007 decretassero lo scioglimento dei Ds e della Margherita. Se da una parte la Margherita ha sempre visto il Pse come il fumo negli occhi, e ripete come un mantra da anni che «non vuole morire socialista», all’interno dei Ds l’abbandono del Pse e dei socialisti europei portò Fabio Mussi a fondare un nuovo partito, che si sarebbe poi alleato coi comunisti alle elezioni politiche (nota: in questa frase non c’è alcun refuso). Da qualche giorno sono ricominciate le schermaglie tra le due fazioni, con la solita arma del comunicato stampa. Il casus belli stavolta è la partecipazione di Piero Fassino a una prossima riunione del Bureau del Pse a Madrid, nella sua veste di segretario dei Ds (nota: anche in questa frase non c’è alcun refuso).
ZOMBIE – La cosa ha fatto trasalire Claudio Fava, coordinatore di Sinistra Democratica: «Tenere in vita i Ds come uno zombie solo per aver diritto di parola all’assise di lunedì è una di quelle malinconiche liturgie che stanno seppellendo il Pd». L’affermazione di Fava ha un evidente fondamento, e uno a questo punto si aspetterebbe da parte del Pd – e magari anche da parte dei Ds, hai visto mai – una risposta precisa ecompleta. La risposta arriva, ma non è esattamente quel che ci vorrebbe. Andrea Orlando, portavoce del Pd, si esibisce in un elegante pappappero: «Faccio notare a Fava che il Pd è un interlocutore fondamentale del Pse e la stessa cosa non si può dire di Sinistra democratica, per diverse ragioni che Fava conosce benissimo». Rincara la dose Roberto Cuillo, “responsabile nazionale dell’Industria Culturale del Pd” (non guardate me, eh): «La vera malinconia è vedere Fava ridotto a insultare Piero Fassino. Mi pare che l’unico zombie in questo momento sia proprio il segretario di Sinistra Democratica, visti i risultati di quel partito». La risposta precisa e completa si ferma qui.
TUTTI IN TRINCEA – Perché Fassino vada a Madrid è cosa nota: «Io non propongo l’adesione al Pse, ma un accordo strategico, finalizzato a costruire un campo riformista più ampio. A cominciare dalla formazione a Strasburgo di un nuovo gruppo parlamentare, che possa chiamarsi ‘dei socialisti e dei democratici’. Qual è il luogo in cui si riconosce gran parte del riformismo europeo? La famiglia socialista». A parte che questo continuo riferimento al Pse come a una famiglia fa quasi pensare a un modo subdolo di affascinare i rutelliani a cui il socialismo è indigesto, il progetto di Fassino è lo stesso di sempre: sperare che basti uncambio di nome del Pse per risolvere tutto. Gli ex-Margherita, ovviamente, non ne vogliono sapere: «La Margherita non si è sciolta per confluire nel Pse o, peggio ancora, nell’Internazionale socialista nel volgere di pochi mesi. Chi persegue la linea di una supina e irreversibile adesione del Pd al Pse getta le basi, forse inconsapevolmente, di una fibrillazione all’interno del partito di settori e aree culturali che non aderiranno mai alla famiglia socialista europea». Fibrillazione, hanno scritto in un comunicato congiunto (risparmiano, almeno) i parlamentari del Pd Calgaro, Merlo e Vernetti. Di fatto, tra l’altro, lo statuto del Pse prevede da diverso tempo l’apertura del partito a forze non socialiste, e questo ovviamente non ha modificato di una virgola gli schieramenti in campo. La collocazione europea del Pd è ormai un tema-bandiera: nessuno vuole perdere, tutti vogliono stravincere.
PATATA BOLLENTE – Alla fine la palla ce l’ha sempre lui, cioè Walter. Quel Walter che ha detto che non firmerà il manifesto del Pse (lo firmerà Fassino, intanto, in qualità di segretario dei Ds). Quel Walter che lunedì sarà a Madrid alla riunione del Pse, ma solo per prendere «decisioni transitorie». Quel Walter per cui ogni giorno che passa la questione diventa più complicata da risolvere, con l’avvicinarsi della campagna elettorale. Quel Walter che inserirà la questione nella relazione annunciata come «un nuovo Lingotto» sulla quale chiederà il voto ai membri della direzione nazionale del partito il 19 dicembre. Quel Walter che si augura che questo basti, e che comunque ha altro a cui pensare. Più che la descrizione della questione della collocazione europea, è il fatto che in questo momento ci siano problemi peggiori e più urgenti di questo a dirci molto sullo stato in cui versa il Partito Democratico.