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Non costa niente

Facciamo un punto della situazione. Da almeno tre mesi il segretario del Pd è un morto che cammina, un pesce fuori dall’acqua che si dimena e si sbatte in movimenti senza senso in attesa di esalare il suo ultimo respiro. Ha perso le elezioni, è in picchiata nei sondaggi, guida un partito allo sbando in cui è all’ordine del giorno il fatto che si voti contro la linea del segretario, perde alcune tra le persone migliori che aveva coinvolto e ha un fronte interno che non perde occasione per mettergli i bastoni tra le ruote: per quanto possa essere scollato dalla realtà, Walter Veltroni si sarà pur reso conto che di questo passo alle europee sarà tanto prendere il 25%. Ora, mi sono chiesto e mi chiedevo fino a stamani: ma qual è la strategia di Veltroni? Si è arreso o ha in mente qualcosa, per invertire la tendenza? Veltroni ha un piano? Se sì, qual è? A meno che non creda di poter incassare la batosta alle europee e dimettersi silenziosamente, così da sparire per un po’ e potersi preparare all’ennesimo ritorno, Veltroni dovrebbe aver capito che è al capolinea e, come chiunque arriva al capolinea, non ha niente da perdere. Faccia qualcosa, allora. Sfidi i suoi oppositori interni a viso aperto, li sfidi su cose concrete e lo faccia pubblicamente: non con manovrine imbarazzanti come quella che ha portato la scorsa settimana il pur bravo Morassut a dirigere il Pd del Lazio. Incalzi il governo, lo sfidi a fare meglio e di più, invece che chiedergli di non fare niente. Piuttosto che continuare con le manfrine, Veltroni dovrebbe sparare una proposta folle sulle candidature alle europee, dovrebbe rimescolare le carte, dovrebbe inventarsi qualcosa, dovrebbe scartare di lato e costringere gli altri a stargli dietro. Dovrebbe essere lui a spremersi le meningi e farsi venire in mente qualcosa di diverso dall’unico modo in cui la sinistra italiana sa fare opposizione, cioè regime-referendum-manifestazione. Dovrebbe essere lui, non noi.

Ora, leggendo i giornali di oggi ho scoperto che la strategia di Veltroni sarebbe «un nuovo Lingotto». Sorvoliamo sul linguaggio ombelicale e da iniziati – a meno che non siate a Torino, chiedete a dieci persone lì fuori cosa pensano del fatto che Veltroni voglia «un nuovo Lingotto per il Pd», e vi diranno che i politici stanno sempre a pensare ai soldi – però è già qualcosa. Per Lingotto si intende il discorso del Lingotto, che era effettivamente un bel discorso pieno di cose innovative e contemporanee nonché il programma sulla base del quale Veltroni venne eletto a leader del Pd. Il problema è che una volta perse le elezioni politiche il buon Walter si rimangiò tutto, e il Veltroni del Lingotto e il Veltroni capo dell’opposizione si prenderebbero a pugni. Il discorso del Lingotto diceva che una riforma della scuola e dell’università era possibile solo a patto che partisse dal principio della meritocrazia, e poi siamo finiti in piazza coi collettivi universitari, i marxisti e i baroni. Il discorso del Lingotto diceva che questo paese aveva bisogno di una riforma del sistema giudiziario che fosse moderna e coraggiosa, e oggi la posizione del Pd è schiacciata su quella dell’Associazione Nazionale Magistrati. Il discorso del Lingotto diceva che dovevamo dire basta alla politica del no sempre e comunque, e poi siamo andati a braccetto con la Cgil e abbiamo convocato una manifestazione con quattro mesi d’anticipo, così, tanto per. Il discorso del Lingotto diceva che la lottizzazione in Rai doveva finire, e poi siamo finiti a candidare alla Commissione di Vigilanza qualcuno che aveva il solo merito di essere iscritto a un determinato partito, e a cui toccava quella determinata poltrona sulla base del partito a cui era iscritto. Il discorso del Lingotto diceva che le alleanze si costruiscono sui programmi, e oggi – senza che ci sia stata alcuna convergenza sui programmi, mi sembra – mezzo partito flirta con l’Udc e l’altro mezzo con Vendola e Sinistra Democratica. Potremmo continuare. Fare il partito nuovo per finire così non serve a niente: bastavano già i Ds, e sappiamo qual era il loro potenziale elettorale. Dato che abbiamo ritenuto opportuno fare un partito nuovo, forse sarebbe ora di cominciare a fargli fare qualcosa di nuovo.

Alla fine, quindi, qui saluteremmo con sollievo l’abbandono da parte del Pd della strategia suicida del “buttarsi a sinistra” pur di avere l’illusione di limitare i danni (che poi è un buttarsi a destra, come avevamo scritto qui). Soddisfazione, poi, se questo «nuovo Lingotto» fosse effettivamente una linea politica moderna, coraggiosa, efficace. Se poi non si trattasse dell’ennesima giravolta di Veltroni, saremmo addirittura contenti. Almeno per qualche giorno facciamo finta di crederci, su.