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Dimmi con chi vai

L’occasione per cimentarsi nello sport preferito dai dirigenti del Pd – cioè accapigliarsi e discutere cercando di perdere quanti più consensi è possibile – è venuta questa volta dai risultati delle elezioni amministrative a  Trento, dove Lorenzo Dellai è stato eletto per la terza volta consecutiva presidente della provincia. Dellai ha conseguito questo risultato alla guida di una coalizione formata in maniera abbastanza tradizionale (Pd, liste civiche, Di Pietro e Verdi), se non fosse che l’Udc – le cui liste sono state escluse dalla competizione elettorale a causa di un vizio rilevato dal Consiglio di Stato – ha deciso di dare aperto sostegno ai candidati del Pd e della lista civica di Dellai. Dato che nel Pd si passa la maggior parte del tempo a farsi la guerra, piuttosto che a convincere le persone della bontà delle proprie idee, ottenuta la vittoria si è scatenato il finimondo.

UNA TRENTO PER CIASCUNO – Secondo la situazione in cui si trova e l’obiettivo che ha, ogni dirigente del Pd che si rispetti ha la sua originale e strumentale lettura del voto di Trento. Due dati, prima di passare alle dichiarazioni. Il primo lo abbiamo accennato prima: Lorenzo Dellai governa il territorio di Trento praticamente da quindici anni. Il secondo: cinque anni fa Dellai superò il centro destra con il 60,8%; oggi si è fermato al 57%. Ora, secondo Walter Veltroni, che lotta per la sopravvivenza della sua leadership, la vittoria di Dellai è addirittura «una clamorosa sconfitta del Pdl». La cosa di per sé sarebbe già divertente, se non fosse che sia Walter Veltroni che Goffredo Bettini rincarano la dose: l’ennesima rielezione di Dellai sarebbe «un importante segnale di valore nazionale». Insomma: «il clima stia cambiando». Da Obama a Dellai, il passo è breve.

DIMMI CON CHI VAI – Al di là della smodata ma comprensibile allegria veltroniana, la vittoria di Dellai con l’appoggio dell’Udc riporta in auge il tema delle alleanze del Partito Democratico. Qui il panorama diventa ancora più surreale, dato che secondo ciascuno la vittoria di Dellai vuol dire qualcosa di diverso.Secondo Rutelli, da tempo favorevole all’alleanza con l’Udc sul piano nazionale, «la strada per il futuro è una alleanza di nuovo conio». Restando nell’area ex-Margherita, Enrico Letta è dello stesso avviso, confermando così di riflesso quanto lo stesso D’Alema (da qualche tempo ormai sponsor del ministro ombra per il welfare) sia vicino a Rutelli sul tema delle alleanze e della riforma elettorale: «Il modello Trento è l’unico con il quale possiamo vincere anche a livello nazionale». Marco Follini è in brodo di giuggiole – «quando le alleanze sono giuste, gli elettori sono più numerosi» – e Beppe Fioroni rincara la dose – «l’alleanza con l’Udc ci premia ulteriormente nei consensi dei cittadini» – ma Rosy Bindi e Franco Monaco storcono il naso. Gli ulivisti premono da sempre per un sistema di alleanze ampio e modello Unione (lo so, è assurdo, non ditelo a me) e quindi per  loro la vittoria di Dellai non può che essere «la fine dell’autosufficienza». Allearsi con l’Udc, quindi? Giammai: «non e’ il momento per dar vita ad un asse privilegiato con Casini che escluda Di Pietro e la prospettiva di un rapporto con la sinistra cosiddetta radicale». E il capogruppo Soro, sempre ex-Margherita, che dice? «Non so cosa abbia in mente Rutelli, ma penso che il compito del Pd non sia quello di delegare ad altri il presidio dell’area centrale dello schieramento politico italiano». Insomma, più compatti che mai.

INGRATI – Fatta eccezione per l’area veltroniana, gli ex-Ds tendono invece a latitare, almeno sul fronte dei comunicati stampa. I pasdaran del segretario sperano nell’inversione di rotta, mentre i suoi rivali, raccolti attorno a Massimo D’Alema, osservano la situazione e guardano ogni giorno con più fiducia a un’alleanza con l’Udc. L’ex-premier avrebbe preferito un cartello unito e socialisteggiante alla sinistra del Pd, ma la sconfitta di Vendola al congresso di Rifondazione ha affondato quel progetto, che oggi le minacce di scissione dentro quel partito potrebbero riportare in vita. In ogni caso, l’appoggio di Enrico Letta all’alleanza con l’Udc vuol dire molto: oltre che sul sistema elettorale, ci si può trovare d’accordo su molto altro.

DEMOCRATS ABROAD – Il tema già piuttosto complesso delle alleanze fra le mura del paese si riflette in modo ancora più confuso nel campo dell’imminente decisione riguardo il gruppo del Parlamento Europeo a cui i parlamentari eletti del Pd dovranno aderire. Emissari del Pd trattano da mesi col Pse perché si possa dar vita a un gruppo federato Pse-Pd, che possa consentire di salvare capra e cavoli. Se non ci si muoverà per tempo dando un orizzonte chiaro al futuro in Europa del partito, presto le polemiche e le dichiarazioni assumeranno dimensioni e rilevanza sempre più grandi, e con l’avvicinarsi delle elezioni aumenteranno, piuttosto che diminuire. Perché il Partito Democratico, lo avrete capito, è il partito in cui i consensi si contendono all’interno delle strutture, piuttosto che all’esterno; il partito dove i dirigenti puntano a vincere i congressi e le primarie, piuttosto che le elezioni.

(per Giornalettismo)