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L’uomo in bici

Qualche giorno fa è morto Orazio Di Grazia. Tanti di voi di certo non sapranno chi è, quindi ve lo racconto.

Dal piccolo comune di Nicolosi a Catania, e ritorno, sono circa 32 chilometri. Il dislivello è di 700 metri: all’andata è una passeggiata, al ritorno è una gran fatica. Orazio percorreva questo tratto ogni giorno, in bici: nessuno sa da quando, probabilmente da trenta, quarant’anni. Quello che si sa è che a un certo punto, qualche anno fa, smise di andare in sella alla bicicletta, e iniziò a spingerla: aveva quasi ottant’anni, e le gambe non erano più quelle di una volta.

Compiva quel tragitto ogni giorno, senza curarsi del tempo, della pioggia battente o del caldo torrido: prendeva la bici, la spingeva da Nicolosi giù fino a Catania, quartiere Ognina. Lì faceva la spesa, comprava frutta, pesce, pane, carne. Caricava tutto sulla sua bici e ricominciava a spingere, per tornare a casa: sedici chilometri in salita a spingere una bici carica di quindici, venti, a volte trenta chili di roba. Usciva di casa la mattina presto, ci ritornava nel tardo pomeriggio.

Spesso qualche automobilista si offriva per dargli una mano, un passaggio a casa o un ombrello, nelle giornate di pioggia. Lui rifiutava, sempre. Non rifiutava solo quando si guastava la bicicletta, o quando – è successo più di una volta – qualche automobilista lo investiva. L’ultima volta si ruppe la clavicola; appena guarito ricominciò a prendere la bici, tutte le mattine.

Orazio lo conoscevano un po’ tutti, a Catania, e tutti si chiedevano perché mai sottoporsi tutti i giorni a un simile supplizio, anche a ottantaquattro anni suonati. Chiederlo a Orazio era complicato, dato che lui non parlava molto, ma un paio di volte qualche giornalista riuscì a fargli qualche domanda.

«La bicicletta è la mia libertà. Nessuno lo può capire. E’ l’unica cosa di cui ho assoluto bisogno. E’ un impulso più forte di me. E’ la mia vita. Io, la bicicletta, la strada, il cielo, il vento… il resto non conta».

C’è dell’altro, però. Orazio e Graziella avevano più o meno la stessa età, sedici anni, poco prima che prendesse inizio la seconda guerra mondiale. Orazio partì in guerra; il padre di Graziella decise di dare sua figlia in sposa a un ricco cugino. Lei non ne aveva alcuna intenzione ma lui la costrinse, e per ammorbidirla le raccontò che Orazio era stato ucciso in guerra. Il dispiacere per il matrimonio indesiderato e la presunta morte di Orazio era talmente forte che Graziella smise di mangiare, lasciandosi morire. Poi Orazio tornò dalla guerra e il resto, insomma, lo potete immaginare.