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In alto i cuori

Credo che questo blog sia stato uno dei primi posti sulla rete in cui si siano lette per filo e per segno tutte le motivazioni per cui Barack Obama avrebbe vinto la nomination dei Democratici. Era gennaio, lui era un po’ lo Scalfarotto della situazione (nel senso di quello bravo, in gamba e simpatico a tutti che poi prende lo 0,6% masticato dalle macchine del partito) e qui scrivemmo che ce l’avrebbe fatta.

Lo so che è banale, ma oggi mi sembra che si chiuda un cerchio per davvero. Domani sapremo cosa rimarrà, nella nostra memoria, di questi dieci mesi: dieci mesi in cui – se mi è concessa una parentesi privata – le nottate alla ricerca di exit poll e victory speech, i dibattiti e le proiezioni, i discorsi e gli spot hanno scandito i giorni, le settimane, i mesi. Dimmi delle primarie in South Carolina e io ti dirò della notte in cui mi sono addormentato con la Cnn accesa e pensavo di essermi sognato una folla e uno strano coro – Yes-we-can! – e invece poi era tutto vero; dimmi del successivo dibattito tra Hillary e Obama e io ti dirò che non me ne ricordo una parola, ma ugualmente non lo dimenticherò; dimmi del Supertuesday, e io ti dirò di una nottata passata a mangiare schifezze americane con lui e lui; dimmi del Texas e dell’Ohio, e io ti dirò di un’altra notte insonne passata con un occhio sui risultati e un’altro ai preparativi della mia partenza per Milano, in vista della campagna elettorale per Ivan; dimmi di ‘A more perfect union’, e io ti dirò di un tram, a Milano, ritornando a casa; dimmi del discorso di Denver, e io ti dirò del profondo nord; dimmi dei dibattiti tra Obama e McCain, e ti dirò del profondo sud; dimmi dell’election day, e io ti dirò del mio nuovo lavoro. Insomma, qui Obama è veramente uno di famiglia, uno che mi piacerebbe incontrare, per abbracciarlo, ché ne abbiamo passate tante.

Stanotte siamo qui, sul blog, ovviamente. Io dico sempre che della politica non mi piace la piazza, perché amo le sfumature, il dubbio, i particolari, e in piazza tutte queste cose spariscono. Dico che i Forza X e Abbasso Y preferisco lasciarli allo stadio, dove tutto è bianco o nero, la tua squadra merita sempre e se perde è colpa dell’arbitro. Senza voler abdicare allo spirito critico e al raziocinio, dopo quasi un anno passato a fare il pelo e contropelo a Barack Obama, stasera ci prendiamo una pausa: tratteniamo il respiro, sorridiamo e facciamo il tifo, come allo stadio, durante i rigori di una finale di coppa. In alto i cuori e fuori la voce, diceva una volta lo speaker all’Olimpico, prima che iniziasse la partita. Dài!