C’eravamo tanto amati
Non che le turbolenze interne in casa democratica siano una novità ma qualcuno aveva sperato che l’autunno caldo, la crisi economica, le elezioni americane e tutto il resto portassero quanto meno a un cessate il fuoco nella guerra tra fazioni e correnti che dal giorno seguente alle elezioni politiche infiamma il principale partito dell‘opposizione. Macché: niente riesce a fermare il fluire di comunicati stampa, dichiarazioni sibilline, correnti sciolte, fondate o accorpate. Lo script dello scontro è più che noto, ma la novità è che mentre Walter e Massimo se le danno di santa ragione, aumentano le dimensioni del fronte interno dei delusi: questa volta tra i due litiganti i terzi non se la passano affatto bene.
WALTER – Andiamo con ordine. Walter Veltroni continua a tenere i toni alti nella speranza di riuscire così a invertire la rotta nei sondaggi, ma l’unica conseguenza che ha avuto finora questo atteggiamento è stata quella di suscitare le obiezioni di Cacciari – «Veltroni è ridicolo se definisce Berlusconi un’anomalia» – ed essere tacciato di antiberlusconismo di maniera, proprio lui che era quello del «principale esponente dello schieramento a noi avverso». Nel frattempo Follini chiede di spostare la manifestazione del 25 ottobre (perché non di sciogliere il partito, visto che ci siamo), Red diffonde i numeri impressionanti di un tesseramento che deve ancora dare il meglio di sé, Di Pietro resta combattivo, consegna le firme per il referendum anti-lodo Alfano insieme a un sorridente Arturo Parisi e tenta il sorpasso in Abruzzo, dove il candidato del Pd – ammesso che si trovi un agnello sacrificale disposto a candidarsi – rischia di finire addirittura terzo. Inoltre, Walter Veltroni da tempo non può più godere nemmeno di una spalla nel centrodestra, dato che è stato completamente scaricato dalla maggioranza prima ancora della sua svolta radical: i maligni sostengono che nell’affaire Alitalia il commissario Fantozzi abbia parlato più con Massimo che con Walter
MASSIMO – Ecco, in questo momento Massimo – disciamo – se la gode. La tv di Red è ai blocchi di partenza, il tesseramento va a gonfie vele e la strada si è messa in discesa. Non resta che attendere leelezioni europee, osservare come se la cava Walter e vedere se ci saranno o no le condizioni per chiedere un congresso anticipato. Il candidato alla successione di Veltroni lui ce l’ha già, e risponde al nome di Enrico Letta, di cui uno dei più affezionati supporters – Paolo De Castro – è nientemeno che il presidente di Red, guarda un po’. La domanda non è tanto se Letta e Veltroni si sfideranno apertamente al congresso, dato che oggi ci sembra difficile che Veltroni possa ricandidarsi in caso di pesante sconfitta alle europee. La domanda è: chi contenderà la leadership a Enrico Letta? Volendo, a pescare tra gli scontenti e i delusi, ci sarebbe l’imbarazzo della scelta.
I DELUSI – In prima fila ci sono quelli che alla leadership del partito ci avevano creduto, quelli che volevano addirittura candidarsi alle primarie, prima di essere stoppati dalla disciplina di partito: Pierluigi Bersani e Anna Finocchiaro sanno che le lancette dell’orologio corrono e difficilmente per loro passerà un altro treno. Forse dovrebbero prendersela con chi ha fatto da tappo, impedendo loro di arrivare alle responsabilità che meritavano non ora, ma tre, quattro, cinque anni fa. C’è Rutelli, uscito più che malconcio dalla batosta romana, che si consola con Persone e reti, la fondazione dei teodem, e tenta di rivitalizzare quell’area dei coraggiosi – coraggiosi chi? – ecco, appunto, di cui nessuno sente più parlare. Ci sono i popolari, con Marini che spera ancora di essere eletto presidente del partito e Franceschini e Fioroni che scalpitano per tirarsi fuori dall’ala dell’ex-presidente del Senato. Ci sono gli ulivisti, capitanati da un Arturo Parisi più scatenato che mai. E poi gli Ecodem di Realacci, pronti – si dice – ad accogliere una bella infornata di ex-verdi speranzosi di ottenere un posto in lista alle elezioni europee.
FUTURO – Già, le elezioni europee. Passata la manifestazione del 25 ottobre e attenuatasi – si spera – l’entità dei disastri economici in corso, inizierà la campagna elettorale, insieme all’iter della riforma del sistema di voto. Voto di preferenza o liste bloccate, sbarramento alto o basso, primarie per comporre le liste o “ampia consultazione”, senza contare l’eterna questione legata alla collocazione europea del partito: dovessero finire gli argomenti su cui litigare, presto ne arriveranno degli altri.