Realisti (e re) su Marte
Se i partiti non rappresentano più gli elettori,
cambiamoli questi benedetti elettori!
(Corrado Guzzanti)
Dispiace, ma dispiace sul serio, leggere queste parole scritte da una delle parlamentari più giovani, brillanti e promettenti del Partito Democratico.
Cosa ci è mancato (a noi del Pd, ndF), per vincere? Probabilmente otto anni di Bush. Poter evocare il cambiamento sapendo che il 70% degli americani desidera vedere una netta discontinuità con l’attuale amministrazione – e non essere neanche lontanamente assimilabili a quell’oggi che si vuole superare. Ci sono mancate al tempo stesso le radici nobili (quello che per Obama è stato il richiamo a Kennedy e Clinton), e l’essere nuovi in modo certificato, sperimentato, credibile. E forse ci è mancato un paese coraggioso, proiettato al futuro ed in grado di assumere responsabilità che pesano come macigni, ma che costruiscono la storia.
Non si può parlare di una sconfitta cocente come quella di aprile senza fare nemmeno un ninnìn di autocritica, zero, come se veramente al Partito Democratico non fosse mancato nulla se non un paese in grado di assumersi delle responsabilità. Quello manca, certo, così come mancano tutte le cose elencate da Federica Mogherini. Ma basterebbe avere un grammo di buon gusto e un po’ di amor proprio – perché se questo è il massimo che il Pd riesce a fare, allora non abbiamo speranze – per capire quanto sia antipatico, irritante e folle aggrapparsi all’alibi del “paese che non è pronto” quando si sta dentro un partito in cui di cose da migliorare ce ne sarebbero a bizzeffe.
Ci siamo tristemente abituati a sentire frasi come questa dai tanti dinosauri alla quinta o sesta legislatura che pur di dribblare rapidamente la domanda sulle responsabilità della sconfitta sostengono di militare un partito che più bello e grande non si può. Non ce lo saremmo aspettato da una di quelle persone giovani e in gamba che dovrebbe tentare di correggerne gli errori.