Questo sito contribuisce alla audience di IlPost

Si attende la rappresaglia di Cundari

Veltroni dovrebbe fare lo stesso, dire che il suo caro amico Massimo – quello che si vantava di giocare con le molotov a Pisa, mentre lui era già un funzionario di partito – è diventato uno degli ostacoli principali alla modernizzazione della sinistra, ora che ci siamo liberati dei comunisti e dei verdisti. Lo faccia, Veltroni. Si metta in gioco. Al massimo, come Obama, dovrà spiegare come ha fatto a non accorgersene prima. Se Veltroni tiene davvero al progetto del Partito democratico, come dovrebbe tenerci qualsiasi cittadino italiano che non vuole morire lobotomizzato o di noia, dovrà avere il coraggio di sfidare gli oligarchi della sua parte e di trasformarli nei nuovi Folena, Mussi e Angius. Veltroni avrà bisogno di spingere sull’acceleratore del partito all’americana, senza tessere, senza sezioni, puntando sulla leadership, sulle idee, sugli eletti. Dovrà incalzare il governo Berlusconi sul suo ex terreno, quello della rivoluzione liberale, della modernizzazione del paese, del mercato del lavoro e del sistema pensionistico. Adotti in blocco l’agenda Giavazzi sulle liberalizzazioni, smascheri lo statalismo di Alleanza Nazionale e degli arcobaleni, il protezionismo di Giulio Tremonti e dei no global, la piccineria della Lega e di Beppe Grillo, il corporativismo dei sindacati e dei salotti buoni. Faccia capire che i conservatori del sistema Italia stanno sia alla sua destra sia alla sua sinistra. Dica, insomma, qualcosa di sinistra liberale. Se non lo fa, o se pensa che cincischiare possa essere una soluzione, allora vorrà dire che ha ragione l’ex dalemiano Andrea Romano ad aver scritto nel suo libro “Compagni di scuola” che l’ex classe dirigente diessina è semplicemente e tragicamente inadeguata. “Unfit”, direbbe l’Economist.

L’invettiva – un po’ disordinata ma globalmente sacrosanta – di Christian Rocca contro Massimo D’Alema, sul Foglio di oggi.