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Le mani sulla nomination

Lo scrutinio in Indiana e North Carolina è finito in parità. Siamo arrivati a questo voto subito dopo la vittoria di Hillary Clinton in Pennsylvania, passando attraverso la sua rimonta nei sondaggi e le nuove polemiche attorno a Barack Obama a causa delle dichiarazioni del reverendo Jeremiah Wright. Nonostante le attese fossero per un buon risultato dell’ex first lady, la conta dei voti regala una serata magica al senatore dell’Illinois. In Indiana, dove Hillary era data in grande vantaggio dai sondaggi, la senatrice di New York la spunterà con un margine piuttosto limitato, che il sistema proporzionale di ripartizione dei superdelegati trasformerà in un sostanziale pareggio. In North Carolina, dove Obama era dato in vantaggio di una decina di punti percentuali, il senatore nero rischia seriamente di vincere con un vantaggio di oltre venti punti. Si era detto alla vigilia che Hillary avrebbe festeggiato vincendo di due cifre in Indiana e perdendo di una in North Carolina, si era detto che a Obama sarebbe andato bene il contrario. Stando a quel che abbiamo appreso, chi festeggia è Obama.

SPIN FOR ALL – David Axelrod, lo stratega politico di Obama, ha dichiarato durante un briefing per la stampa che si augura Hillary possa ritirarsi dalla gara e lasciare che possa avere ufficialmente inizio la campagna elettorale in vista delle elezioni presidenziali di novembre. Quando un giornalista della Cnn gli ha chiesto quale fosse la sua opinione della strategia della Clinton, lui ha risposto a muso duro: “Hillary non ha alcuna strategia per vincere la nomination; la strategia di Hillary è distruggere Obama e arrivare viva alla convention, per poi spaccare il partito”. Nessuna risposta dal quartier generale di Hillary, dove possiamo intuire non soffi una grandissima aria. Lo spin è spin, e quindi è normale che Axelrod dica questo e nient’altro; è vero però che la corsa di Hillary somiglia ogni giorno di più a un vicolo cieco.

IMPOSSIBLE IS SOMETHING – Col voto di questa notte le possibilità di Hillary Clinton di conquistare la nomination si riducono ulteriormente. Lo svantaggio sul fronte degli stati vinti è ormai incolmabile; quello sul fronte dei delegati sarebbe colmabile solo inanellando una serie di improbabili con percentuali vicine all’80%; quello sul voto popolare è ancora molto lontano, specie dopo l’ulteriore scatto in avanti fatto da Obama col voto di oggi. Le prossime tappe delle primarie avranno luogo nel giro di un mese: il 13 maggio in West Virginia, il 20 in Kentucky e Oregon, l’1 giugno a Puerto Rico e il 4 giugno in Montana e South Dakota. Poi sarà finita, forse. Se a quel punto la gara sarà decisa o uno dei due candidati avrà deciso di ritirarsi, quello sarà il calcio d’inizio della campagna elettorale per le presidenziali. Se invece la situazione sarà ancora blindata, allora non resterebbe che ricorrere al delicatissimo tempo supplementare della convention. Questo scenario è però ostacolato da due fattori. Primo: è prevedibile che col passare dei giorni aumentino sempre di più i superdelegati indecisi che appoggeranno Obama – perché restare indeciso così a lungo se non per appoggiare il vincitore designato? Secondo: è prevedibile che anche lo stato maggiore del partito (Dean, Reid, Pelosi – gli ultimi interessati a risolvere tutto alla convention) intensifichi la sua opera di moral suasion nei confronti della senatrice Clinton per convincerla a ritirarsi dalla corsa.

FATTORE GORE – Il punto è che con Hillary rischia di finire dentro un vicolo cieco l’intero partito democratico, specie se Obama dovesse mancare l’affondo finale negli ultimi giri di giostra. Una delle ipotesi surreali più diffuse, in rete e tra gli addetti ai lavori, vede Al Gore – che non ha ancora fatto alcun endorsement – pronto a spendere la sua enorme popolarità proprio durante la convention proponendosi come candidato in grado di unificare il partito e centrando così una nuova nomination, alla faccia di queste fantastiche primarie durate praticamente sei mesi. Non sappiamo se si tratta davvero di una leggenda metropolitana, ma se dovessimo misurare il grado di ansia dentro il partito democratico attraverso la diffusione di questa storia, beh, allora la cosa sarebbe allarmante: stanotte sulla Cnn a nessun opinionista democratica è stata risparmiata la fatidica domanda sulla questione Gore. E avreste dovuto vederli rispondere.

(per Giornalettismo)