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Cronaca di una sconfitta annunciata

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Tutti i disastri di Brown o come regalare il paese all’opposizione in poche semplici mosse.
Se pensavate che non si potesse fare peggio del governo Prodi, siate pronti a ricredervi.

Prima ancora dei commenti e delle analisi, bastano i numeri a disegnare la portata del disastro per i laburisti delle recenti elezioni amministrative: 40% dei voti ai conservatori, 25% ai liberaldemocratici, 24% ai laburisti, che perdono 300 seggi mentre i conservatori ne guadagnano 434. A Londra il conservatore Boris Johnson batte Ken Livingstone 43% a 37%, con un distacco di oltre 130.000 voti. Bilancio finale: la peggiore sconfitta degli ultimi quarant’anni per il Labour, roba che nemmeno Margaret Thatcher era riuscita a fare di meglio. Una sconfitta che ha origine nel fisiologico logoramento del Labour dopo un ciclo di oltre dieci anni di governo, nella brillantezza che David Cameron è riuscito a restituire ai conservatori dopo anni di grigiore ma anche e soprattutto nell’incredibile elenco di disastri che Gordon Brown ha inanellato in soli dodici mesi.


HONEY MOON
E dire che il mandato di Brown era iniziato con i migliori auspici. Forte degli eccellenti risultati dei dieci anni di governo Blair – su tutti la piena occupazione, la pace in Nord Irlanda, la solidità dell’economia, il ruolo centrale in politica estera, i successi nel campo dell’istruzione pubblica e della lotta alla povertà – il primo ministro inglese ha goduto di una fase di popolarità incredibilmente lunga, tale da far pensare a qualcosa di più della solita luna di miele dei governi appena insediati. Arrivato sulla poltrona di PM alla fine di giugno del 2007, a settembre i sondaggi davano al Labour un vantaggio di oltre undici punti sui conservatori, facendo uscire così il partito di governo dalle secche in cui era finito negli ultimi anni di Blair. Complici la benevolenza della Bbc (un feudo dell’Old Labour che sta più con Gordon che con Tony) e alcune emergenze affrontate brillantemente – un paio di attentati terroristici falliti, le epidemie di afta epizootica e “blue tongue”, le inondazioni nel nord del paese – Brown era riuscito a ritagliarsi un profilo deciso e autorevole di uomo pragmatico e concreto. La luna di miele sembrava non avere fine, le profezie di Giddens sembravano destinate ad avverarsi, David Cameron era in grande difficoltà.

CARTA CARBONE
Il primo piccolo passo falso arriva a settembre, quando il Times scopre che alcuni passaggi dei discorsi di Gordon Brown risultano essere copiati interamente da discorsi di Bill Clinton e Al Gore. Tenere testa al ricordo dell’ars oratoria di Tony Blair non dev’essere facile, e Gordon ha cercato di darsi una mano. I conservatori hanno approfittato dell’incidente, fiondandosi sull’immagine di Brown copione e lanciando in ottobre una sagace campagna di comunicazione su come il programma del Labour ricalcasse in diversi punti il programma dei conservatori. E’ la prima crepa.

TO CALL OR NOT TO CALL
La luna di miele si interrompe quindi bruscamente in autunno, quando Brown si incarta attorno alla possibilità di chiamare una snap election. In Gran Bretagna il primo ministro può indire in qualsiasi momento le elezioni anticipate e non è raro che la maggioranza approfitti di questo potere per cercare di mettere in difficoltà gli avversari. Gordon Brown, benché confortato dai sondaggi favorevoli, è apparso fortemente indeciso a proposito e ha lasciato per giorni il partito e il paese ad arrovellarsi attorno al dilemma elezioni sì-elezioni no; nel frattempo Cameron ha preso per mano un partito conservatore terrorizzato, lo ha guidato durante una spettacolare convention a Blackpool e – poco dopo essersi giocato la carta dell’abolizione della tassa di successione – ha incalzato, durante uno splendido discorso: “We can all play the game of quoting polls, why not find out in a real general election. I tell you, I really want it”. Risultato: conservatori in rimonta, Labour in flessione, Brown annuncia che non chiamerà le elezioni anticipate. Da quel momento in poi i sondaggi non daranno mai più i laburisti davanti ai conservatori.

TO LOSE THE COMPASS
L’anno nero di Gordon Brown è proseguito poi con il fenomeno delle baby gang e l’aumento della microcriminalità: problemi che hanno scalfito il profilo di Brown come pragmatico risolutore dei problemi tutto concretezza e niente spin. Sempre sul fronte sicurezza, un altro passo falso di Brown è stato il dossier confidenziale trafugato dal Times a proposito di alcune concessioni da fare all’ala sinistra del partito per farle digerire l’inasprimento di alcune misure antiterrorismo. Nel giro di pochi mesi la percezione degli inglesi nei confronti di Brown si è praticamente capovolta: da concreto a fumoso, da forte a indeciso, da inflessibile a incapace di tenere in mano la situazione. Ne è dimostrazione il recente sciopero del 24 aprile: in un paese in cui negli ultimi dieci anni gli scioperi si contano sulla punta delle dita, in un solo giorno oltre 400.000 lavoratori del settore pubblico hanno incrociato le braccia, per una mobilitazione tale come non se ne vedevano da oltre vent’anni. Sono rimaste chiuse le scuole, i lavoratori di un importante oleodotto hanno smesso di lavorare, causando diversi problemi al reperimento di carburante in Scozia e nell’Inghilterra del nord. La risposta di Brown qual è stata? Definire “infelice e deplorevole” lo sciopero degli insegnanti – che se scioperano una volta ogni vent’anni evidentemente avevano delle buone ragioni – e abolire l’aliquota fiscale del 10% delle imposte sui redditi, andando così a colpire il ceto più povero della popolazione. Siamo lontani anni luce dal mantra sull’education di Tony Blair e la sua attenzione maniacale alla lotta alla povertà: ne viene fuori l’immagine di un paese insicuro e confuso, simile a quello che i laburisti consegnarono alla Thatcher alla fine degli anni Ottanta.

MONEY, GET AWAY
Le batoste più pesanti però Brown le ha prese proprio sul campo in cui negli ultimi dieci anni si era mostrato un vero campione di risultati: l’economia. Alla fine del 2007 l’HM Revenue and Customs ha ammesso di aver smarrito due compact disc contenenti i dati fiscali di venticinque milioni di cittadini inglesi. In un paese in cui i cittadini tengono così tanto alla privacy e alla protezione dei dati da rifiutare i documenti d’identità, pensate a quanto può essere esplosiva una situazione del genere. Non finisce qui: due settimane dopo questo gran casino, il ministro dei trasporti ha dovuto confessare di aver perso anche lui un hard disk contenente i dati di tre milioni di cittadini inglesi alle prese col rinnovo della patente. Un uno-due terrificante. Seguono uno scandalo su alcune donazioni illegali al Labour e il caso Northern Rock, il fallimento di una delle più grandi banche britanniche che ha fatto sprofondare il paese nella totale incertezza e ha costretto il governo a nazionalizzare – avete letto bene: nazionalizzare, in Regno Unito – l’istituto finanziario.

OVER TO YOU, MR. CAMERON
Giuliano Ferrara lo aveva spiegato bene in un suo articolo su Panorama: in una politica in cui conta tantissimo sapersi vendere, Brown ha collezionato disastri su disastri, dando di sé un’immagine approssimativa e impacciata fortemente stridente con la brillantezza e l’abilità comunicativa del suo predecessore. Anche in politica estera Gordon Brown è stato una mezza figura: incapace di guidare in Europa un paese fortemente euroscettico, preso in contropiede dai suoi avversari e dedito a imbarazzanti sceneggiate per cercare di accontentare tutti. A un certo punto il primo ministro inglese ha persino dovuto ricorrere a un consulente antigaffe che guidasse passo passo le sue apparizioni pubbliche allo scopo di porre rimedio alla sua cronica goffaggine. Mettete insieme tutto questo, la crisi economica incombente, gli scioperi e gli scandali, la fine di un ciclo di governo e il talento dell’opposizione e vi renderete conto facilmente di come la batosta delle amministrative sia tutto meno che una sorpresa. Si tratta in realtà di una sconfitta annunciata, così come annunciato è ormai – salvo miracoli – l’approdo di David Cameron sulla poltrona di primo ministro dopo la prossima general election: toccherà a lui tentare di rimettere in piedi la più antica democrazia moderna e aprire un nuovo ciclo di governo.