Perchè Obama può vincere la nomination
Nessun osservatore sano di mente metterebbe in discussione la posizione di favorita di Hillary Clinton nelle primarie democratiche che si sono aperte l’altroieri coi caucus in Iowa. Hillary resterebbe la front-runner della corsa anche nel caso in cui Barack Obama dovesse riscuotere un nuovo successo in New Hampshire, martedì 8 Gennaio.
Allo stesso modo, nessun osservatore sano di mente sosterrebbe che l’Iowa abbia mischiato le carte, o deciso qualcosa in vista della convention. Obama ha conquistato solo un delegato in più di Edwards e due in più della Clinton: briciole, in confronto a quel che metterà in palio il Supertuesday, appuntamento realmente decisivo. Il voto dell’Iowa però ha lasciato una consapevolezza: Barack Obama è lì per giocarsela.
Negli ultimi mesi, più volte diversi osservatori hanno descritto il senatore del’Illinois come un buon politico e un ottimo oratore che però, alla resa dei conti, si sarebbe sciolto come neve al sole: troppo giovane, troppo inesperto, troppo nero. Non sappiamo ancora se andrà in questo modo, ma oggi esistono almeno quattro ragioni diverse per pensare che potrebbe andare diversamente.
Primo. Barack Obama sa di essere inesperto. Lo sa perchè lo è, innanzitutto, e poi perchè un paio di settimane fa un sondaggio del Washington Post gli ha sbattuto in faccia una tag cloud inquietante. Obama però ha reagito bene, ha fulminato Hillary con una battuta riguardo i suoi consiglieri politici ed è riuscito nella mossa di associare l’esperienza alla conservazione dello status quo. Barack Obama chiede, durante i suoi bellissimi comizi: quanta esperienza hanno Cheney e Bush? Quanta ne aveva Rumsfeld? E avete visto come ci hanno ridotto? Game. Obama sale sul palco con dietro di sè una enorme scritta: change. Set. Hillary ha alle spalle un mausoleo di vecchie glorie degli anni Novanta: suo marito Bill, Madaleine Albright, Wesley Clark. Match.
Secondo: i fondi. Si è detto fino alla nausea che una delle forze di Hillary è essere il candidato più rassicurante per l’establishment e quindi poter contare su una squadra di top donors da brividi nel mondo dell’industria, della finanza, dei media. Però. La legislazione americana sul finanziamento ai candidati prevede un tetto massimo di donazioni per ogni cittadino. Il tetto fa sì che ogni cittadino non possa donare più di una data cifra, e i ricchi donatori di Hillary hanno già quasi tutti raggiunto il loro tetto massimo. Obama è in grado di raccogliere un numero maggiore di donazioni dai ceti medi e medio-bassi, e quindi il suo salvadanaio è potenzialmente senza fondo: già oggi tra Hillary e Barack è testa a testa sulla raccolta fondi, e se Obama dovesse vincere in New Hampshire e – magari – costruirsi un great momentum riceverebbe una pioggia di quattrini da centinaia di migliaia di donatori. Com’è che si dice in rete: small is the new big.
Terzo. Diciamolo, non è la prima volta che un candidato giovane e in qualche modo intrigante arriva alle primarie che tutti parlano di lui e poi si sgonfia miseramente. Alle scorse primarie democratiche Howard Dean sembrava avercela fatta già un anno prima di andare in Iowa: guidava tutti i sondaggi, aveva raccolto una valanga di quattrini via Internet, aveva ricevuto l’endorsement di Bill Bradley e Al Gore. Poi arrivano le primarie dell’Iowa e lui, puff, arriva terzo. Succede l’incredibile: i giovani che gli facevano donazioni online e gli davano sostegno nei sondaggi, non parteciparono ai caucus. Stavolta è successo qualcosa di molto diverso. Ai caucus dell’Iowa sono andate a votare quasi centomila persone in più rispetto al 2004, e Obama si è aggiudicato il 53% dei voti under30. D’altra parte, si chiede oggi il New York Times, “how could you be 21 and not be for Barack Obama?”.
Quarto. Checchè se ne sia detto in Europa, la rielezione di George W. Bush è dipesa solo in minima parte dalla politica estera e dall’Iraq. La sensazione è che – con un Iraq sulla via della pacificazione grazie al generale della provvidenza Petraeus e con l’11 Settembre ancora più distante – a questo giro la politica estera sarà un tema ancora meno rilevante rispetto al 2004. Non è un caso se Giuliani si è messo a diffondere degli spot apocalittici, non è un caso se Hillary continua a dire di avere l’esperienza per gestire le emergenze. Rudolph Giuliani e Hillary Clinton sarebbero due ottimi presidenti di guerra, ma sembra che oggi gli Usa si sentano molto meno in guerra con l’esterno rispetto al 2004 e molto più in guerra con sè stessi. E Obama che fa? Obama è lì che rilancia su temi che scaldano i cuori: la riconciliazione nazionale, la speranza, la fiducia negli americani, il cambiamento. Forse non vincerà, di certo se la giocherà fino in fondo.